“Ogni giorno che ho passato in teatro mi sono sentito fortunato.”
Secondo l’autobiografia sbarazzina (che si può leggere qui) Alberto Rizzi fonda a 18 anni la casa di produzioni teatrali e cinematografiche Ippogrifo Produzioni dopo aver completato gli studi classici, poi se ne va a Milano a diplomarsi in regia cinematografica, poi a Roma a lavorare nel cinema ma torna a Verona per fare teatro. Si definisce attore per contingenza, regista per vocazione e scrittore per passione.
Mi son messo a studiare Alberto Rizzi dopo aver ospitato nel 2017 la sua compagnia in occasione della replica cagliaritana di “Sic transit gloria mundi” (qui il trailer) ma lui non l’ho mai incontrato né abbiamo mai parlato. Beh ho scoperto che siamo molto simili: pensiamo che Milano sia abbastanza brutta, riteniamo che le donne siano fondamentali nel nostro lavoro, crediamo nell’artigianato del nostro mestiere, viviamo l’arte ogni giorno tutto il giorno.
Le differenze? Io ho fatto il Nautico e non il Liceo (anche se so più di Sofocle che di effemeridi); a me piace da morire parlare mentre lui dice di essere abbastanza schivo. Inoltre lui è simpaticissimo.
Ecco la nostra conversazione:
ANDREA IBBA MONNI – Chiedo ovviamente all’artista Rizzi, non al giovane uomo (non mi permetterei mai di fare una domanda personale dal momento che in passato hai dichiarato “Se potessi vivere nascosto lo farei”): ora che siamo tutti fermi tu che fai? Come passi le tue giornate?
ALBERTO RIZZI – Continuo con la parte del mio lavoro che posso fare da casa, del resto in quanto regista e autore buona parte del mio lavoro si svolge anche alla scrivania. Comunque non sono rimasto fermo perché durante la quarantena ho creato e realizzato la smart serie “Memorie dalla quarantena” (trovate i fantastici video sulla loro pagina Facebook n.d.r.) per cui sono impegnato su questo e sulla progettazione anche se cerco di evitare la bulimia da lavoro: un po’ di pausa ci vuole, d’altronde questo periodo non è congeniale per scrivere in realtà.
Neppure un momento di smarrimento? Un sentirsi un po’ disorientato?
Assolutamente sì. Anzi direi che la creatività è un processo che, almeno per quanto mi riguarda, ha bisogno di stimoli, di vita, di aria. Questo periodo così nebuloso è per me nemico della produttività. Sono anche disorientato. come molti del nostro settore perché il futuro è del tutto ignoto e incerto.
Che ne pensi del polverone nato dalle dichiarazioni di Lucia Calamaro (queste)?
Non so di che parli.
Beato te! In sostanza la nostra pluripremiata e blasonatissima collega ha lanciato un anatema contro chi potrebbe (o vorrebbe) tradurre la pandemia in espressione teatrale.
Sinceramente spero che non ci sia un eccesso di spettacoli, di film e di romanzi che parlino della pandemia.
Che cos’è “un eccesso”, scusa?
Ho solo il timore che quando torneremo in teatro ci troveremo con 200 monologhi sul covid, 82 documentari sulla quarantena… una bulimia narrativa. Come dopo l’11 settembre quando la quantità di prodotto artistico su quell’argomento fu eccessiva. Spero invece che si riesca a parlare di altro, penso che ne avremmo bisogno in primis in quanto spettatori.
Ma se io ho voglia/bisogno di scriverlo e tu pure, come si fa? Siamo già in due. E se poi ne han voglia/bisogno pure tutti gli altri?
Bella domanda… non lo so. In questo caso parlo più da spettatore che da autore.
Una domanda pesante, banale ma che voglio proprio farti è: dove/come nascono i tuoi progetti artistici?
Domanda impegnativa. Ogni progetto nasce in modo diverso. A volte i progetti nascono come una scintilla nella testa, spesso anche solo un’immagine e o un tema di cui voglio parlare. Poi se ne stanno in cassetto a volte anche per anni, in attesa che il momento diventi propizio per sbucare fuori. Poi di solito è sempre qualcosa di esterno che li mette in moto: una necessità produttiva o distributiva o perché è il momento giusto per fare quello spettacolo.
Ti interroghi mai sul perché fai teatro?
A dire il vero raramente me lo domando. Lo vivo come un mestiere ed è l’unico che so fare. E poi non potrei rinunciare al divertimento nei camerini!
Hai dichiarato “io sono un regista, non faccio il regista” e anche in questo la pensiamo allo stesso modo. Ma adesso ti faccio una domanda che odio mi si rivolga, ma chi se ne frega, facciamo un gioco, ragioniamo per assurdo: se non facessi arte cosa vorresti fare e cosa invece forse ti ritroveresti a fare?
Probabilmente se non facessi questo lavoro, teatro o cinema che sia, credo che studierei. Studiare mi piace un sacco. Non so se ti pagano per studiare ma tanto neanche con il mio mestiere si diventa ricchi. Insomma ho la vocazione alla precarietà. Forse dovrei puntare a fare in dentista… è che guardare tutto il giorno nelle bocche delle persone mi spaventerebbe.
Quindi precario fino alla morte ma con lo stomaco forte! Ogni volta che hai potuto hai sempre speso grandi paroloni per le altre due anime di Ippogrifo Produzioni: l’attrice Chiara Mascalzoni e l’organizzatrice Barbara Baldo. Elogi che per altro non posso che condividere avendoci lavorato seppur per poco nel 2018. Ciò che ti chiedo è: ma quindi la musa è femmina?
Barbara e Chiara sono le altre due anime di Ippogrifo, non le considero le mie muse: sono piuttosto le mie collaboratrici, le mie compagne di viaggio. Chiara è un’attrice di incredibile talento e generosità, lavoriamo insieme da 10 anni e non avrei potuto realizzare certi spettacoli se non con lei. Barbara è una straordinaria organizzatrice con qualità comunicative e umane sopra la media. Sono molto fortunato ad averle incontrate: ogni giorno mi ispirano a lavorare meglio. Forse è quello che fanno le muse. Allora sì sono le muse. E sono anche donne. Io mi sempre trovato meglio a lavorare con le donne, perché completano la mia visione che inevitabilmente è maschile. Siamo una famiglia: siamo come le famiglie di Paperopoli piene di fratelli, di cugini e di zii ma neanche una mamma e un papà… siamo Qui Quo e Qua.
E come si tengono separate le dinamiche private da quelle lavorative?
Semplice: non le separiamo. Facciamo gli spettacoli come si fa una crostata in cucina andiamo in tournée come si fa in gita, ci vogliamo bene e lavoriamo insieme. Nel lavoro ci ritroviamo e ci rispecchiamo, negli spettacoli c’è sempre un po’ di noi. Ippogrifo è una casa e anche tutti quelli che lavorano con noi, attori e tecnici, li trattiamo come se fossero parte della famiglia.
Quanto è stato vero, pure per me e tutta Ferai nel 2017! Ultima domanda: che mi dici dell’ambiente artistico veronese?
Eheheh!
Ma non è una risposta!
Non farmi sbilanciare…
Ma io voglio che ti sbilanci!
Eheheeh!
Ma non è una risposta! Senti, se non vuoi essere shady bitchy dimmi le cose buone e non quelle meno buone, ok?
Verona è una città bellissima.
Non ci siamo lasciati così: l’ho fatto sbottonare su un gossip che ho giurato di non rivelare ma intendo ricattarlo: Rizzi, se Ippogrifo non torna a Cagliari vendo lo scoop!
Andrea Ibba Monni
Da sinistra: Barbara Baldo, Chiara Mascalzoni e Alberto Rizzi
Fonti: Ippogrifo Produzioni; Paperblog