“Senti, siamo nella merda: Luca non può fare lo spettacolo e io non posso cancellarlo perché è tra 10 giorni”
Mentre parlava, guardavo Enzo Parodo con aria annoiata: una piccola parte di me sapeva che stava per chiedermelo, ma non osavo sperarci troppo. Sentivo già le solite lacrime di rabbia in canna, il regista a cui facevo l’assistente da circa quattro anni mi avrebbe sicuramente chiesto di trovargli qualcuno adatto o di aiutarlo con prove extra. E invece aggiunse:
“Non preoccuparti se non andrà bene, anche se farai una figuraccia si tratta soltanto di una sostituzione per questa replica scolastica di “Il Sogno di Pinocchio” poi tornerà Luca.”
Non riuscivo a credere che finalmente avrei recitato: a dieci anni dal mio ingresso dietro le quinte di una produzione professionale come spettatore privilegiato, a quattro anni dall’inizio della mia gavetta come assistente alla regia, finalmente avrei potuto saziare una fame enorme che mi stava lacerando: avrei recitato anche io.
Questa fame non mi ha mai abbandonato: sarà che ho dovuto aspettare a lungo ma ogni giorno della mia vita ricordo a me stesso che quel che voglio fare è sempre e solo teatro. Ecco perché non riesco a contemplare altro, neppure impegnandomi riesco a focalizzarmi su qualcosa che non sia recitare, dirigere, produrre, creare teatro e dal più piccolo progetto alla grande produzione quel che ho sempre ben presente è che devo sputare sudore e sangue (spesso letteralmente).
“Senza punto smuovermi l’acciuffo pulitamente per il naso” è stata la mia prima battuta sul palcoscenico come professionista nei panni del Carabiniere che acchiappa Pinocchio in fuga da Geppetto. Il lavoro prevedeva inoltre che mi calassi nei panni di Mangiafoco e fu un successo personale enorme, con un’emicrania fortissima e un sorrido beota stampato in faccia, desideravo raccontare a tutti che stavo rientrando dal mio debutto come attore.
Finalmente lavoravo nella Compagnia Teatro Santa Lucia di Cagliari che Enzo Parodo ha fondato nel 1996 con vari miei coetanei che fino a poco tempo prima avevo invidiato tantissimo e ai quali ora avrei dimostrato quanto valevo.
Se l’accoglienza del pubblico fu calorosa (a parte un bimbo che scappò in lacrime quando io proruppi in scena a urlare “Silenzio! Perché sei venuto a metter lo scompiglio nel mio teatro?” con imbottiture, maschera, parruccona e barbona nero pece), il cast mi trattò con diffidenza e molta freddezza. Il mio rinomato caratteraccio dell’epoca fece il resto e vissi i primi anni di lavoro di squadra come un io-contro-tutti: peccato, ci avrei messo anni prima di capire che se un mio collega non è mio amico, non per forza è mio nemico. Ma del rapporto tra la mia personalità e il teatro parlerò un’altra volta, non la prossima, che sarà invece dedicata a tutte le compagnie con cui ho lavorato prima di fondare Ferai Teatro nel 2010.
(continua…)