Pierfranco Zappareddu

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Non avremmo mai voluto scrivere questo post. Non ora.

Quando viene a mancare un fondatore di teatri, uno studioso, un grande Maestro, muore con lui la possibilità di ricevere nuovi insegnamenti, immagini, emozioni della scena. Restano i ricordi per chi ha lavorato con lui, resta il suo segno nella cultura teatrale del luogo (e non solo) indiretto per chi neanche ne conosceva il nome fino a pochi giorni fa. E anche se ha dato già così tanto, chi ha amato i suoi spettacoli e i suoi insegnamenti ne vorrebbe comunque ancora.

Pierfranco Zappareddu è venuto a mancare. Ci è capitato di sentirgli dire “La malattia sta nella vita, la morte sta nella vita” e restano i vivi con i loro ricordi veri e sentiti, altri con le loro speculazioni irrispettose e strumentalizzazioni, come è prevedibile, come sempre accade quando è un grande a lasciarci.

Per molti, per alcuni positivamente, è ora ricordato come un Maestro visionario, ma personalmente l’abbiamo sempre percepito come un Maestro di equilibri. In grado di dosare con gli attori la distanza professionale del suo motto (che è nostro da sempre) “Un gruppo di amici non è destinato a fare un buono spettacolo, a teatro un gruppo di amici è destinato al fallimento” con la febbre passionale del fare teatro, del condividere la scena del raccontare “nascita, copula e morte”. Il suo intuito da “volpe argentata” gli ha fatto usare ogni mezzo, a volte anche la frustrazione o i violenti scossoni d’adrenalina ma sempre con una generosità artistica disarmante. Lui è sempre stato vicino ai suoi colleghi, ai suoi tecnici, ai suoi interpreti; presumiamo, per un bene superiore: quello dello spettacolo da portare in scena. Per il lavoro infaticabile. Per la dignità che il mestiere dell’artista merita, e al tempo dei suoi inizi come ai nostri, c’è chi questa strada la segue e chi no. L’intenzione non è quella di fare il ritratto d’un uomo privo di difetti, l’intenzione non è proprio quella di fare alcun ritratto. Sono solo parole affidate alla tastiera, sono la superficie del ricordo.

Il ricordo del caso: è grazie ad un suo spettacolo che uno di noi due venne chiamato a fare uno spettacolo nel cui cast c’era l’altro; quella produzione era targata “Teatro Laboratorio Alkestis” (fondata da Pierfranco) ed è anche per quel motivo che noi siamo “Ferai”, come lo spettacolo dell’Odin Teatret che Pierfranco ha frequentato, come lo spettacolo in cui Alkestis si univa ad Admetos. Nasciamo in questo segno, e come Eugenio Barba ci disse “Non abbiate paura di discendere dall’Odin”.

La sua scomparsa ci priva di un grande artista, non del suo insegnamento. Si sprecherebbe qualsiasi resoconto, qualsiasi aneddoto o richiamo alla sua figura. Si tratta della vita che avanza “quando qualcuno muore c’è sempre nella stanza affianco qualcun altro che sta facendo l’amore o ascoltando un cd di Vasco Rossi” diceva lui… Era con parole simili che ci spiegava come mettere in scena la passione del dramma della morte; e il teatro è ancora una volta uno specchio onirico del reale. Vorremmo credere nella vita dopo la morte solo per poterlo immaginare fare training con Torgeir Wethal o guardare vecchi libri e dvd insieme a Kantor e Pina Bausch. Solo un pensiero nostalgico. “Ciò che ami di più non ti sarà strappato”.

Un pensiero su “Pierfranco Zappareddu

  1. RICORDO QUANDO PIERFRANCO PORTO’ IL GRANDE LINDSAY KEMP ALL’ANFITEATRO ROMANO DI CAGLIARI. ERO LI’ CON L’ASSOCIAZIONE TEATRO RAGAZZI DI SARDEGNA. INTERE SERE A PARLARE, INTERE SERE A INSEGUIRE TUTTO CIO’ CHE ESISTE NELLA VITA, MORTE COMPRESA, PASSIONE COMPRESA. E CON LA SUA MORTE E’ COME SE LA SUA VITA FOSSE ANCORA ACCANTO A NOI, NELLE SERE E NELLE NOTTI IN CUI LA SCENA TORNA A VIVERE.

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