Iniziamo con qualcosa di semplice semplice (forse) mi racconti come ti sei avvicinata al teatro e perché?
Mi sono avvicinata al teatro casualmente e soltanto perché una mia amica (Vittoria) desiderava fare questa esperienza. La mia curiosità mia ha portato a conoscenza dell’esistenza di una nascente scuola di Teatro, Ferai per l’appunto. Da qui il passo è breve per prendere contatto con Andrea tramite fb e chiedere informazioni sui laboratori e sulla possibilità di frequentarli nonostante l’età avanzata.
Parliamo di questa “età avanzata” ha avuto qualche impatto in particolare? E al tempo stesso, in contrasto, il teatro che impatto ha avuto nella tua vita? Una bella passione e basta o ha trovato collegamenti che non ti aspettavi in altre cose?
Il teatro per me è stato come un campo aperto dove non c’era nulla, dove ho potuto coltivare in modo puro e libero da qualsiasi condizionamento tutti i talenti repressi durante l’infanzia e ancor di più nella mancata adolescenza. Il teatro è stata per me l’opportunità di far germogliare, strato dopo strato, la Primavera della mia vera essenza. Personalmente penso che la Primavera non sia da associare alla giovinezza del corpo fisico, come comunemente accade, ma allo sbocciare lento e spontaneo di chi siamo veramente chiamati ad essere nel corso della nostra vita. Poeticamente direi: “La Primavera non è una passeggiata sul prato della spensieratezza, è molto di più, è un dolore che rompe il nostro involucro da dentro per divenire ciò che vorrai essere nelle stagioni che verranno.“
C’è sempre molta poesia, anche disegno che io sappia, poi lo Yoga, tante cose, queste cose sono arrivate o ci sono state anche prima o solo dopo il teatro? Il teatro hai detto, lo hai conosciuto per caso, le altre “vocazioni” invece?
Il disegno e lo Yoga fanno parte di me da sempre, anche se non lo sapevo… nel senso che, se ripenso ai momenti felici di me bambina, mi rivedo leggera e quasi sospesa da terra proprio mentre disegnavo o facevo ginnastica artistica. Per quanto riguarda il teatro ci sono tre aneddoti che lo richiamano nella mia infanzia: il primo è il ricordo legato ad uno zio invalido che viveva con noi in famiglia e che amava le opere classiche. Mentre lui cantava io recitavo col corpo il senso delle parole di quell’opera; il secondo ricordo è una recita scolastica che per lo più mi ha lasciato impresso l’odore, il rumore, la luce e il buio del palcoscenico; il terzo è un saggio di danza artistica sempre sul palco di un teatro.
C’è sempre molto corpo, molto colore, che per me è normalissimo ovviamente, non li vedo come cose separate, ma spesso non lo si vive così.
L’incontro con lo Yoga vero e proprio è stato comunque casuale in età avanzata e in questo caso devo ringraziare Vittoria perché mi ha in qualche modo restituito la stessa opportunità che io le ho offerto col teatro. Mi ha invitato ad una lezione prova presso il centro yoga gestito da sua sorella. Quella lezione per me fu illuminante perché mi sentii da subito a “casa mia”, tanto che dopo sei mesi di pratica presi la decisione di fare il corso di formazione.
Yoga e teatro possono incontrarsi? Lo hanno mai fatto per quanto riguarda te? O lo faranno mai?
Da subito ho avuto questa percezione. Avendo alle spalle già qualche anno di esperienza teatrale, mentre avanzavo nel percorso yogico, sentivo sempre più prepotentemente la connessione tra questi due mondi, quasi come se l’uno fosse dentro l’altro. Infatti il mio desiderio nascosto sarebbe quello di far confluire le due discipline.
E la poesia?
La mia formazione scolastica, come forse ti ho già raccontato, è stata interrotta bruscamente a causa di una situazione familiare molto difficile. Mio padre si è ammalato in giovane età e con cinque figli. La sua malattia è poi avanzata con l’amputazione di entrambi gli arti inferiori. Non c’erano le possibilità economiche per farci studiare e quindi all’età di quindici anni ho iniziato a lavorare come commessa in un negozio di calzature, dove col tempo mi sono fatta spazio esprimendo la mia vena artistica nel campo dell’esposizione assumendo il ruolo di vetrinista.
Le lacune culturali come ben puoi immaginare erano e sono tantissime, ma la curiosità mi ha sempre spinta a imparare da autodidatta. Con questa premessa puoi ben capire che scrivere poesia o prosa non era per me consuetudine ma neanche attitudine perché non l’ho mai fatto neanche in tenera età.
La Poesia è arrivata nella mia vita all’età di 48 anni, esattamente in corrispondenza con la morte di mia zia, sorella più piccola di mia madre. Lei era una pittrice e scrittrice di poesie. Il giorno prima che morisse sono rimasta tutta la sera con lei mano nella mano e ogni tanto tentava di dirmi qualcosa ma non riuscivo a comprenderla. La salutai e quando rientrai a casa sentii un forte impulso di scrivere in versi, cosa mai fatta, tanto che mi spaventai. Di getto scrissi una poesia per lei e da quel momento non ho mai smesso di scrivere. Mi piace pensare che quella sera, attraverso quella stretta di mano, mi abbia trasmesso la sua energia e la sua vena poetica. Ga’ la mia vita è troppo lunga, pensa che con Vittoria stiamo scrivendo un libro a quattro mani, ti dico solo il titolo: “La Sedia”
Uno Scoop editoriale in pratica, dovrò leggerlo assolutamente allora, nel mentre parlami dei personaggi che hai interpretato al laboratorio teatrale e durante gli esiti scenici, il tuo preferito?
Se devo indicarne solo uno allora dico Lady Bracknell di “Habeas Corpus” che è stato il personaggio che mi ha fatto divertire tantissimo perché dentro ho potuto esprimere tutti i miei talenti, le sfumature e i colori della mia personalità. Dal punto di vista personale Lady Bracknell rappresenta la mia parte luminosa e giocosa, mentre Freya e la Donna di fango (“A Oriente del Sole e a Occidente della Luna”) rappresentano il mio lato oscuro. Dal punto di vista teatrale, penso rappresentino le maschere, simbolo principe del teatro stesso. In un futuro teatrale potrebbero incontrarsi magari per chiudere il cerchio… Dopo “A Oriente del Sole e a Occidente della Luna” ho sempre pensato che la Donna di fango avesse molto altro da dire…
Ga’