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Diario di Ilenia – 12 ottobre 2020

Lezione 2: il copione

Lunedì 12 ottobre ore 21.00 classe La Fenice

Non tutti sanno che, durante la quarantena, abbiamo continuato a lavorare al testo di Fiori di Pesco, con lezioni online ed esercizi a distanza.

Circa una volta alla settimana, in solo collegamento audio, abbiamo provato il copione.

Ora, il copione è stato modificato, alcuni interpreti sono cambiati, lo stesso i ruoli, le battute, ma tante cose sono le stesse della stesura di Marzo.

Ieri, dal vivo, sentire le voci che per tre mesi avevo sentito solo in cuffia è stato uno strano brivido.

Mi sono accorta che da Marzo a Giugno questo testo è stato parte della mia quotidianità, che la sonorità delle parole, le pause delle battute, i respiri, i concetti, le intenzioni, di Fiori di Pesco, sono sedimentati dentro di me, stratificandosi.

Ma alcuni interpreti sono cambiati.

Ed è stato come sentire qualcosa che mancava, come una riunione di famiglia senza uno zio, senza una cugina.

C’erano però nuovi attori.

E si creeranno nuove energie, nuove sintonie, nuovi scambi, stimoli, spunti.

Ieri eravamo tutti un po’ nervosi, ma è stato bello. Confortante come qualcosa di conosciuto, stimolante come qualcosa di sconosciuto. 

Mancano 19 settimane a Fiori di Pesco.

Parentesi: Cell di Dragon Ball Z

Quando parliamo con le mascherine, sembriamo tutti Cell di Dragon ball Z.

È divertente. È un nuovo modo surreale di fare ogni cosa. Le labbra non si vedono e se sei un pochino sordo non puoi più fare vitale affidamento sui movimenti delle labbra per capire ciò che gli altri dicono.

Sembriamo tutti Cell.

Bisogna guadagnare silenzio intorno a noi per disporci meglio all’ascolto: anche questa è una novità che ci può accrescere. 

Chiusa parentesi.


Diario di Ilenia – 5 ottobre 2020

Lunedì 5 ottobre, ore 21.00 classe La Fenice

Il laboratorio teatrale con le mascherine:

È più complesso sentire il proprio respiro perché è quasi come se non lasciasse il corpo, spostandosi semplicemente dalle narici alle orecchie, agli occhi.

È più complesso sentire il respiro degli altri, è ovattato; allora, dato che non ne sento il respiro, sento più intensamente il suono degli abiti che sfregano contro la pelle, il suono delle articolazioni che scricchiolano, il suono delle palpebre che sbattono.

“Mi tocchi o non mi tocchi” non esiste più, esiste solo “Non mi tocchi”.

Gli occhi diventano il centro di ogni cosa. Lo sguardo deve viaggiare e attraversare molto più spazio, per arrivare al mio compagno, alla mia compagna. Lo sguardo deve bucare tutta quest’aria, lo sguardo deve bucare il vuoto, lo sguardo deve toccare, posare, accarezzare, stringere. Gli occhi sono il centro di ogni cosa.

È normale chiedermi se forse è qualcosa di cui avevo bisogno, per darmi quella scossa, sisma, spinta in altre direzioni, che non ero riuscita a darmi da sola. Ultimamente.

È stata la prima giornata.

È ripresa La Fenice.

Mi sento molto carica.

Mancano 20 settimane a Fiori di Pesco.


Le voci degli allievi: Stefano Matta

Ciao Stefano! Grazie per aver accettato questa intrusione! Partiamo con una piccola premessa, Stefano, dicci chi sei, presentati ai lettori del nostro blog.

Ciao, sono Stefano, sono di Cagliari e ho trentatré anni. Sono un musicista ed insegnante di chitarra. La musica è al centro della mia vita insieme a tanti altri hobby tra cui lo sport, il cinema e sono anche di buona forchetta!


Colgo la palla al balzo per chiederti subito come e quando è nata in te la passione per la musica e inoltre… suoni altro oltre alla chitarra?

Sono sempre stato a contatto con la musica fin da piccolissimo grazie ai miei genitori musicisti e ai corsi di propedeutica che facevo durante l’infanzia, ma la vera passione è nata da una parte ascoltando e iniziando a suonare rock da adolescente (gli AC/DC sono stati il top per me), dall’altra più tardi quando studiando in conservatorio ho avuto l’onore di avere dei maestri speciali, uno tra questi in particolare che mi ha fatto capire davvero cosa significa essere un musicista, mi sono appassionato tantissimo e oltre alla musica mi ha dato tante lezioni di vita molto importanti per me.
Chitarra a parte, per hobby e divertimento mi piace cantare, alle medie suonavo il clarinetto, adesso non mi basta più il fiato per farlo. (Ride)


Questo mi incuriosisce particolarmente, Stefano, dopo tanti anni di musica, cosa ti ha portato ad avvicinarti anche al mondo del teatro?

Qualche anno fa ho vissuto un periodo molto difficile della mia vita e questo mi aveva messo davvero in difficoltà emotivamente. Ad inizio 2019, dopo aver visto uno spettacolo Ferai, decisi di provare a fare teatro, perché sapevo che sarebbe stata un esperienza che mi avrebbe fatto crescere e trovare la sicurezza e la fiducia in me stesso che desideravo riacquisire totalmente. Frequentare la classe di recitazione “La Fenice” è stato ed è fantastico, non ci si blocca mai, c’è sempre un dinamismo continuo: in tutti i sensi. Inoltre, è un ottimo ansiolitico per me.


Pensi che la tua esperienza come musicista e cantante sia qualcosa che ti dà una spinta in più anche quando reciti? E viceversa, il teatro ti ha dato qualche dritta per affrontare meglio il pubblico quando ti esibisci con la musica?

Presumo di sì, almeno essermi esibito tante volte su un palco o comunque di fronte ad un pubblico mi ha reso consapevole di quali dinamiche entrano in gioco prima e durante la performance e di sentirmi un po’ più a mio agio. Per la seconda domanda devo dire che sicuramente recitare mi aiuta ad avere forse una maggiore presenza vocale, perché quando si suona è importante anche saper comunicare al meglio con il pubblico. A prescindere, più ci si esibisce e più ci si sente a proprio agio.

A questo proposito, ci racconti un po’ della tua esperienza durante le serate di Open Mic organizzate alla Silvery Fox Factory*? Come ti sei trovato, che esibizioni hai portato?
Agli Open Mic mi sono sempre trovato molto bene, c’è sempre una bella atmosfera. Nelle occasioni in cui ho partecipato mi è capitato di suonare chitarra solista facendo brani in fingestyle come “The Entertiner” di Scott Joplin, in duo chitarra e voce con “Crazy little thing called love” dei Queen o “Personal Jesus” dei Depeche Mode. Ho avuto anche modo di cantare alcuni brani degli HIM e The Darkness. Mi sono sempre divertito insomma, poi è stato piacevole vedere e ascoltare anche gli altri artisti che si esibivano.

Grazie, Stefano, per il tuo tempo! Ho solo un’ultima domanda! Quando sei sul palco, da 1 a 10, quanto ti senti uno “Showman”?

Non saprei, forse 5/6? (Ride). Penso ad esibirmi e a volte neanche mi accorgo di essere lì sul palco.

Ma dai, io ti avrei dato 9 e mezzo/10! È stato un piacere, grazie per questa chiacchierata e per il tuo tempo!

Grazie mille a te, è stato un piacere anche per me!



Ilenia Cugis

Le voci degli allievi: Cristina Cera

Cristina Cera sei indubbiamente un personaggio di spicco della scuola “Il mestiere dell’attore” di Ferai Teatro. Dicci qualcosa di te e sul perché fai teatro.

Sono una persona innamorata della vita: per questo ho scelto dopo un anno di liceo di iscrivermi in una facoltà umanistica. Sono amante della lettura, dell’arte e della storia Ho 24 anni e cerco la mia indipendenza economica, come tanti. Sono una persona che ha dovuto battagliare contro umiliazioni ricevute ai tempi del liceo e ho una travagliata vita famigliare dopo la separazione dei miei quando avevo nove anni.

qual è il ruolo che il teatro ha nella tua vita di tutti i giorni e viceversa?

Il teatro mi ha salvato la vita! Perché ha fatto conoscere la mia voce che per tanti anni non ho avuto il coraggio far sentire. Il lavoro del laboratorio è stato inizialmente scoraggiante ma dopo un duro ma piacevole lavoro ho scoperto delle qualità che non ero conscia di possedere.

Fare teatro perché?

Perché il teatro, come un Saggio Maestro, è un aureo strumento che insegna ad affrontare appieno la vita, offrendo la possibilità di compiere un viaggio interiore dentro di noi per conoscerci meglio al fine di migliorarci, crescere ma soprattutto amarci per come siamo. Nella nostra imperfezione e nella nostra fragilità siamo degli esseri meravigliosi!

Quale esperienza finora più importante con Ferai

Senza ombra di dubbio l’ultima in “Wonderful Oz” poiché non solo è stata una vittoria circa la raggiunta consapevolezza delle mie sempre dubitate capacità, ma soprattutto per l’ amore e il sostegno sincero che ho ricevuto dalla mia grande squadra, la classe Odeon di cui faccio parte.

N.B.O

La voce degli allievi: Angela Mulas

Iniziamo con qualcosa di semplice semplice (forse) mi racconti come ti sei avvicinata al teatro e perché?

Mi sono avvicinata al teatro casualmente e soltanto perché una mia amica (Vittoria) desiderava fare questa esperienza. La mia curiosità mia ha portato a conoscenza dell’esistenza di una nascente scuola di Teatro, Ferai per l’appunto. Da qui il passo è breve per prendere contatto con Andrea tramite fb e chiedere informazioni sui laboratori e sulla possibilità di frequentarli nonostante l’età avanzata.

Parliamo di questa “età avanzata” ha avuto qualche impatto in particolare? E al tempo stesso, in contrasto, il teatro che impatto ha avuto nella tua vita? Una bella passione e basta o ha trovato collegamenti che non ti aspettavi in altre cose?

Il teatro per me è stato come un campo aperto dove non c’era nulla, dove ho potuto coltivare in modo puro e libero da qualsiasi condizionamento tutti i talenti repressi durante l’infanzia e ancor di più nella mancata adolescenza. Il teatro è stata per me l’opportunità di far germogliare, strato dopo strato, la Primavera della mia vera essenza. Personalmente penso che la Primavera non sia da associare alla giovinezza del corpo fisico, come comunemente accade, ma allo sbocciare lento e spontaneo di chi siamo veramente chiamati ad essere nel corso della nostra vita. Poeticamente direi: “La Primavera non è una passeggiata sul prato della spensieratezza, è molto di più, è un dolore che rompe il nostro involucro da dentro per divenire ciò che vorrai essere nelle stagioni che verranno.“

C’è sempre molta poesia, anche disegno che io sappia, poi lo Yoga, tante cose, queste cose sono arrivate o ci sono state anche prima o solo dopo il teatro? Il teatro hai detto, lo hai conosciuto per caso, le altre “vocazioni” invece?

Il disegno e lo Yoga fanno parte di me da sempre, anche se non lo sapevo… nel senso che, se ripenso ai momenti felici di me bambina, mi rivedo leggera e quasi sospesa da terra proprio mentre disegnavo o facevo ginnastica artistica. Per quanto riguarda il teatro ci sono tre aneddoti che lo richiamano nella mia infanzia: il primo è il ricordo legato ad uno zio invalido che viveva con noi in famiglia e che amava le opere classiche. Mentre lui cantava io recitavo col corpo il senso delle parole di quell’opera; il secondo ricordo è una recita scolastica che per lo più mi ha lasciato impresso l’odore, il rumore, la luce e il buio del palcoscenico; il terzo è un saggio di danza artistica sempre sul palco di un teatro.

C’è sempre molto corpo, molto colore, che per me è normalissimo ovviamente, non li vedo come cose separate, ma spesso non lo si vive così.

L’incontro con lo Yoga vero e proprio è stato comunque casuale in età avanzata e in questo caso devo ringraziare Vittoria perché mi ha in qualche modo restituito la stessa opportunità che io le ho offerto col teatro. Mi ha invitato ad una lezione prova presso il centro yoga gestito da sua sorella. Quella lezione per me fu illuminante perché mi sentii da subito a “casa mia”, tanto che dopo sei mesi di pratica presi la decisione di fare il corso di formazione.

Yoga e teatro possono incontrarsi? Lo hanno mai fatto per quanto riguarda te? O lo faranno mai?

Da subito ho avuto questa percezione. Avendo alle spalle già qualche anno di esperienza teatrale, mentre avanzavo nel percorso yogico, sentivo sempre più prepotentemente la connessione tra questi due mondi, quasi come se l’uno fosse dentro l’altro. Infatti il mio desiderio nascosto sarebbe quello di far confluire le due discipline.

E la poesia?

La mia formazione scolastica, come forse ti ho già raccontato, è stata interrotta bruscamente a causa di una situazione familiare molto difficile. Mio padre si è ammalato in giovane età e con cinque figli. La sua malattia è poi avanzata con l’amputazione di entrambi gli arti inferiori. Non c’erano le possibilità economiche per farci studiare e quindi all’età di quindici anni ho iniziato a lavorare come commessa in un negozio di calzature, dove col tempo mi sono fatta spazio esprimendo la mia vena artistica nel campo dell’esposizione assumendo il ruolo di vetrinista.
Le lacune culturali come ben puoi immaginare erano e sono tantissime, ma la curiosità mi ha sempre spinta a imparare da autodidatta. Con questa premessa puoi ben capire che scrivere poesia o prosa non era per me consuetudine ma neanche attitudine perché non l’ho mai fatto neanche in tenera età.

La Poesia è arrivata nella mia vita all’età di 48 anni, esattamente in corrispondenza con la morte di mia zia, sorella più piccola di mia madre. Lei era una pittrice e scrittrice di poesie. Il giorno prima che morisse sono rimasta tutta la sera con lei mano nella mano e ogni tanto tentava di dirmi qualcosa ma non riuscivo a comprenderla. La salutai e quando rientrai a casa sentii un forte impulso di scrivere in versi, cosa mai fatta, tanto che mi spaventai. Di getto scrissi una poesia per lei e da quel momento non ho mai smesso di scrivere. Mi piace pensare che quella sera, attraverso quella stretta di mano, mi abbia trasmesso la sua energia e la sua vena poetica. Ga’ la mia vita è troppo lunga, pensa che con Vittoria stiamo scrivendo un libro a quattro mani, ti dico solo il titolo: “La Sedia”

Uno Scoop editoriale in pratica, dovrò leggerlo assolutamente allora, nel mentre parlami dei personaggi che hai interpretato al laboratorio teatrale e durante gli esiti scenici, il tuo preferito?

Se devo indicarne solo uno allora dico Lady Bracknell di “Habeas Corpus” che è stato il personaggio che mi ha fatto divertire tantissimo perché dentro ho potuto esprimere tutti i miei talenti, le sfumature e i colori della mia personalità. Dal punto di vista personale Lady Bracknell rappresenta la mia parte luminosa e giocosa, mentre Freya e la Donna di fango (“A Oriente del Sole e a Occidente della Luna”) rappresentano il mio lato oscuro. Dal punto di vista teatrale, penso rappresentino le maschere, simbolo principe del teatro stesso. In un futuro teatrale potrebbero incontrarsi magari per chiudere il cerchio… Dopo “A Oriente del Sole e a Occidente della Luna” ho sempre pensato che la Donna di fango avesse molto altro da dire…

Ga’

 

Le voci degli allievi: Jessica Mostallino

Jessica Mostallino in una foto durante le prove di “Passioni a Villanova 3”

Ciao Jessica, ti ho conosciuta Assessore alla Cultura del Comune di Assemini e ritrovata mia allieva nella Classe Kammerspiele, ma come ti presento a chi non ti conosce ancora?

Non ho mai saputo bene cosa rispondere a questa domanda, perché0 non sono molto capace a descrivermi: ho sempre paura di peccare di immodestia mentre la realtà è che crescendo ho imparato ad avere maggiore autostima.


È per questo che fai teatro?

Faccio teatro perché ho sempre avuto il “sogno” di recitare, mi sarebbe anche piaciuto fosse la mia professione ma non ci ho creduto abbastanza.

Qual è il rapporto tra cultura e politica?

Ho sempre pensato che ognuno porta ciò che è in quel che fa, nel suo mestiere e nel caso della politica anche: se fai parte di un esecutivo e hai quindi la possibilità di scegliere che cultura offrire al pubblico, le tue scelte sono fondamentali perché con queste permetti alle persone di conoscere, approfondire un aspetto piuttosto che un altro. È una grande responsabilità: sei tu a decidere letture, spettacoli e film, inevitabilmente il tuo gusto, la tua formazione e le tue conoscenze si rispecchieranno in queste scelte.

La politica è fare delle scelte, credo che per fare delle scelte consapevoli, eque, per capire le alternative tra le varie scelte, le conseguenze di quelle scelte non si possa prescindere dalla cultura. Ovviamente non si può parlare di cultura senza teatro.

Certe scelte sono anche un termometro che ti consentono di capire “chi hai davanti”. A tal proposito ricordo l’occasione che mi permise di conoscere Ferai, fu quella volta nella quale venni a vedere “I monologhi della vagina” nel piccolo teatro off che avevate a Pirri: lo spettacolo mi piacque talmente che pensai di volerlo condividere con i miei concittadini. Non sapevo se Assemini fosse pronta per la rappresentazione teatrale con quel titolo ma fui felice di vedere che sì, era pronta.

Da qualche anno sei dei nostri, sul palco e non più solo tra il pubblico: quale personaggio finora interpretato ti ha dato di più?

Britany Sarritzu che ho recitato nella terza puntata di “Passioni a Villanova 3”: brillante, piena di sé, prepotente e un po’ strega che in combutta con la sua sorellastra si divertiva a vessare Lucy Denotti. Mi è piaciuto molto interpretarlo, è il personaggio che più mi è piaciuto e forse, anche se non sono io a doverlo dire, quello la cui interpretazione mi è venuta meglio.

Lasciatelo dire da noi allora: sei stata bravissima anche perché Brittany Sarritzu non ti somiglia per niente!

N.B.O.

Le voci degli allievi: Matteo Genco

Il progetto “Senilia” di Ferai Teatro nasce nel lontano 2012 come luogo di aggregazione e confronto tra over 60 che vogliono stare tra di loro a imparare e mettersi in gioco nel campo della recitazione teatrale. Tenuto a battesimo da Ga’ e Andrea Ibba Monni, il progetto viene ripreso nel 2019 e affidato a Francesca Cabiddu che con la supervisione e la direzione artistica di Ferai, firma i progetti “Santa Trofimena”, “Pinocchio” e “Il viale dei ciliegi”. Tra i vari partecipanti alla classe della terza età, Matteo Genco a cui abbiamo ricolto qualche domanda (segue dopo la foto)

Matteo, cosa possiamo dire di te per presentarti?

Ho 65 anni ed un carattere estroverso ed espansivo, sono una persona solare e con il sorriso sempre pronto a fare nuove esperienze e amicizie.

Teatro perché?

Sin da piccolo volevo fare del teatro ma per vari motivi non ho mai avuto l’opportunità di frequentare una scuola di teatro. Quando mia cognata mi ha invitato a partecipare al corso “Senilia” di Ferai Teatro mi è sembrato di poter realizzare il mio sogno ed ho accettato con tanto entusiasmo.

Un entusiasmo contagioso! Quanto influisce l’età sulla recitazione a tuo parere?

Per me l’età anagrafica non è rilevante in quanto ritengo che si possa fare teatro a qualunque età.

E condividi questa esperienza con moglie e cognata…

È una bella esperienza che tutti noi condividiamo piacevolmente.

Lo spettacolo del cuore in cui hai recitato fino ad ora?

È stato quello della mia prima esperienza, la prima volta che ho calpestato le assi di un palcoscenico teatrale con la recita “Santa Trofimena” che mi ha permesso di realizzare quel sogno che avevo sin da bambino.

N.B.O.

Le voci di Ferai: Ilenia Cugis (di Roberta Mossa)

Ciao Ilenia, parlaci un po’ di te: chi sei, come e quando nasce la tua passione per il teatro.

Ciao, Roberta! Mi chiamo Ilenia e ho 29 anni. Sono cresciuta in un paese piccolo e brutto che si chiama Capoterra, ma come tutte le infanzie passate in posti piccoli e brutti, nonostante mi sia trasferita a Cagliari a 17 anni, qualcosa di quella vita mi ha segnata per sempre. Sin da bambina ho avuto un forte interesse per l’arte e la letteratura, ho scritto il mio primo romanzo a 9 anni e ho sempre disegnato e dipinto. Ho perfino suonato la batteria in un gruppo punk rock durante l’adolescenza, che tempi! Poi un giorno, dopo la separazione dei miei genitori, mia madre è stata per un periodo coinquilina di Andrea Ibba Monni, che ho conosciuto nel 2006 quando io ero solo una adolescente, poco prima che lui incontrasse Ga’ e nascesse Ferai Teatro. Un pomeriggio del 2007 sono andata a vedere uno spettacolo in cui recitava Andrea, si chiamava “Voci nel Buio”, e per la prima volta assistevo a qualcosa che non fosse una di quelle commedie che ci portavano a vedere a scuola. Da lì il teatro ha iniziato a stuzzicarmi. Ma è stato il primo spettacolo di Baratto Teatrale, “Air Can Hurt You“, a Flumini, a farmi capire che c’era un buco nella mia vita che la scrittura, la pittura e la batteria non erano riusciti a colmare. Mi sono iscritta così al primo corso di recitazione di Ferai.

Il tuo primo personaggio teatrale?

In un laboratorio o in uno spettacolo?

Il primissimo!

Allora, il primo personaggio che ho interpretato è stato il Serpente de “Il Piccolo Principe“. Era il laboratorio nella chiesa di Santa Lucia che Andrea e Ga’ tenevano proprio agli inizi-inizi. Posso dire che ero veramente un cane e che non so cosa mi abbia fatto credere abbastanza in me da farmi continuare, perché ti giuro che il mio Serpente è stato il più triste esordio della storia.

Quanti anni avevi?

Diciassette! Era il 2008.

Piccolissima! Spero che ci siano dei reperti video!

Io spero di no!

E il tuo personaggio preferito tra quelli che hai interpretato?

Scegliere un personaggio preferito è molto difficile perché ci sono alcuni spettacoli e alcuni personaggi che ho interpretato che mi sono entrati dentro e che non sono mai più usciti. Ci sono alcuni giorni in cui apro gli occhi sul mondo ma gli occhi che apro non sono i miei, sono quelli di Medea. Ci sono notti in cui mi sveglio e sono Dorra e non riesco a dormire perché rivivo ricordi che non sono miei. Ho avuto tre profonde crisi con il teatro e con l’arte, durante la prima di queste, parlando con Ga’, gli dissi che forse il teatro non faceva per me, perché ciò che interpretavo mi si radicava dentro in maniera troppo profonda. E Ga’ mi aveva risposto “Potresti pensare che invece è proprio per questo che il teatro fa per te”.

Quindi è un lavoro molto introspettivo, e qui mi viene da chiederti, come crei un personaggio?

Innanzitutto analizzo le informazioni che ho a disposizione: il copione (se c’è un copione), il testo (se c’è un testo) e le indicazioni registiche. Comprendere il testo e comprendere le indicazioni della regia, è la base del mio lavoro. Poi si può passare alla seconda fase, quella di ricerca. Si tratta di un personaggio realmente esistito? Ne studio la vita, le opere, l’immagine. Si tratta di un personaggio della letteratura? Leggo tutto ciò che è stato scritto, cerco dipinti. E in tutto ciò, cerco chi ha già interpretato questo personaggio e studio come l’ha fatto. Il personaggio nasce proprio nella testa del mio regista e nessun altro l’ha mai creato prima? Approfondisco direttamente con il regista. La fase tre è quella di creazione vera e propria. A questo punto seguo due percorsi che devono andare di pari passo e sono strettamente intrecciati: il percorso tecnico e il percorso emotivo. Il percorso emotivo ha alla base quello che io e il personaggio abbiamo in comune, come esperienze e sentimenti, quindi è un percorso molto interiore. Il percorso tecnico mi serve per fare in modo che ciò che è interiore diventi anche esteriore, mi serve per trovare tecnicamente la voce, i movimenti, le espressioni, del personaggio, di modo che anche il pubblico capisca tutto il percorso emotivo. Se capita che io ne trascuri uno a discapito dell’altro e in quel caso, qualsiasi sia quello trascurato, il risultato è mediocre.

Un’ultima domanda Ilenia, so che stai preparando uno spettacolo (#Foodporn), mi sembra interessante questo rapporto tra teatro e cucina che so che è un’altra tra le tue passioni. Puoi raccontarci qualcosa? Senza spoiler, ovviamente!

#Foodporn nasce da un’idea di Andrea che ha reinterpretato, cambiato e riscritto alcuni aneddoti sulla mia vita e sulle mie ricette, creando un copione che io (e non solo io) ho trovato geniale fin dalla prima lettura! #Foodporn è un esperimento teatrale gastronomico, lontano dal modo in cui siamo abituati a vedere la cucina nello spettacolo, lontanissimo dai cooking show, molto vicino, invece, a quello che può succederti quando vai a casa di qualcuno che ti dice “oh no, sei arrivato così, all’improvviso! Non ho niente da offrirti!” E poi tira fuori dalla dispensa, dal frigo, dal forno, ogni genere di coccola culinaria, mentre ti racconta gli ultimi 30 anni della sua vita.

Molto figo, se non ho capito male prevede la partecipazione del pubblico che assaggerà le tue ricette… Non vedo l’ora di vederlo in scena! Grazie Ilenia per la chiacchierata, solo una piccola cosa: visto che fai parte anche del cast di FeraiExtravaganza, me lo dici almeno tu chi è la coniglia???!

Se guardi bene dentro di te, scoprirai che in fondo in fondo, la coniglia, sei proprio tu!

Le voci degli allievi: Federica Pittau

Federica Pittau sei un’artista neo diciottenne che tra le varie forme d’arte esplora anche la recitazione dal momento che frequenti la classe Odeon di Ferai Teatro. Ma tu come ti descriveresti?

È una domanda difficilissima! Credo di essere tante cose, tante piccole essenze. Una cosa di cui sono pienamente consapevole è che sono estremamente sensibile ed empatica, cosa che mi aiuta molto nell’ambito artistico al quale da un anno a questa parte mi sono completamente dedicata.

Credo di essere combattiva, so ciò che voglio e sono disposta a tutto per raggiungerlo: non importa la difficoltà o la fatica, anzi, la soddisfazione sarà migliore, no? Ho sempre pensato che noi nasciamo per poter creare sogni, coltivarli, lottare, raggiungerli e poi goderceli. Ho imparato che la mia felicità sta nelle piccole cose, come può essere un momento passato con le persone che amo di più o anche solo vedere un loro sorriso sincero; mi godo i piccoli ma spensierati momenti, i piccoli traguardi o semplicemente tre minuti della mia canzone preferita. Sono uno spirito libero, amo infrangere gli standard o la “normalità”, amo la ribellione sana, amo la rottura degli schemi, amo abbattere giudizi e pregiudizi e amo combattere per la libertà mia e altrui.

Perché fai teatro?

È da tempi “immemori” che ho un’attrazione sproporzionata verso la recitazione, da qui il mio primo musical serio a 9 anni nel quale interpretato il piccolo Michael Banks di Mary Poppins. Ho sempre guardato i film in modo diverso dalle altre persone, oltre l’immagine, studiando fin da subito le movenze, le mimiche facciali e la grandezza degli attori. L’amore verso il teatro in particolare poi è sbocciato proprio durante la mia fase acuta adolescenziale, quando frequentavo le medie. Ho avuto la fortuna di avere un’insegnante d’Italiano straordinaria, tutt’ora uno dei miei idoli indiscussi, amante anche lei di questo mondo speciale che è riuscita a trasmettermi e a far crescere dentro di me questa passione. Grazie a lei sono entrata nel mondo del palcoscenico, ho visto tanti spettacoli e guardato e sentito tanti attori che mi hanno stregata, portandomi a pensare “un giorno vorrei essere così!”.

Cos’è per te il teatro?

Faccio teatro perché amo il teatro e amo fare teatro in tutte le sue sfumature: cambiare e diventare qualcun altro rappresenta tantissime sfide (perché non è mai semplice interpretare, inventare o reinventare personaggi molte volte completamente differenti da te e con diversa situazione). Il palcoscenico poi è un mondo a parte distaccato dal nostro quotidiano, una dimensione dove la vita è eterna, dove i personaggi nascono, vivono e muoiono in continuazione, dove anche la più piccola cosa assume un significato esponenziale. Ora come ora sto studiando sodo, cerco ogni giorno di affrontare e sconfiggere le mie difficoltà perché vorrei portare questa passione oltre una passione stessa, realizzare il mio sogno più grande in assoluto ossia diventare abbastanza brava da poter trasformare tutto questo in lavoro.

Per me il teatro è vita: ho trovato lì la mia stabilità e gran parte della mia felicità e soddisfazione. È il mio posto felice, il mio luogo sicuro, la mia seconda casa. Ho trovato persone con le mie stesse passioni, amici veri, anime diverse tra loro, tante storie, amore, supporto e un’altra famiglia. Con il teatro riesco a dare sfogo al mio essere, trasmettere le mie emozioni, dare parte del mio spirito e riceverne altrettanto

Vai a teatro?

Sì, ci vado un po’ per lo stesso motivo per cui lo faccio. Sotto un punto di vista tecnico “sfrutto” gli spettacoli altrui per imparare sempre cose nuove, vari metodi di comunicazione e trasmissione, apprendere i diversi stili o conoscere altre circostanze; dall’altra vado per catapultarmi in altri luoghi, realtà parallele alla mia, perché la vita sul palco è vera, al di là dell’attore e della scenografia, ci sono personaggi e mondi reali. Nel mondo dello spettacolo poi molto spesso i limiti non esistono, c’è più libertà, più sentimento, più poesia, è tutto più profondo e spesso umano. E poi è un mondo così profondo e vivo che ogni volta è un “innamorarmi nuovamente” del teatro.

Qual è l’esperienza finora più importante con Ferai Teatro?

Anche questa è una domanda ardua perché ci sono stati moltissimi momenti vissuti con Ferai che mi hanno segnata e che mi porterò dentro per tutta la vita. L’esperienza più bella in assoluto però è stato il palco e credo continuerà ad essere tale: l’adrenalina, l’amore e l’attenzione del pubblico che è venuto lì proprio per vedere lo spettacolo a cui partecipi, la trasformazione da te al tuo personaggio, l’unione e la solidarietà, la felicità e il sostegno palpabili nell’aria, un po’ come anche la tensione prima dello spettacolo, tutto tra te e i tuoi compagni d’avventura, d’arte, i tuoi amici, coloro che diventano la tua seconda casa e famiglia, senza contare la festa, la tantissima nostalgia successiva la fine dello spettacolo e la grandissima soddisfazione dopo aver messo in scena frutto di tantissimo impegno, lavoro, sacrifici e ostacoli superati, una soddisfazione personale e collettiva. Sono sensazioni ed emozioni talmente grandi da non poterle descrivere pienamente, solo chi ha provato l’essenza di un’esperienza simile può, in parte, capire.

N.B.O.

Le voci degli allievi: Monica Murtas

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Eccoci qui, Monica! Grazie mille per aver accettato di fare una chiacchierata con me! Iniziamo con una piccola premessa, Monica, raccontaci chi sei, fatti conoscere dai nostri lettori.

Mi chiamo Monica Murtas ho quasi 50 anni sono una impiegata/ digital working/segnalatrice assicurativa/teatrante, logorroica, passionale, estroversa,  moglie e madre di 2 figli.

Una vita senza impegni, quindi! Toglici una curiosità, Monica, come e quando ti è “venuta voglia di teatro?”

Ride. La voglia c’è sempre stata, ma il primo approccio l’ho avuto 4 o 5 anni fa, tramite l’associazione onlus Codice Segreto. Mi proposero un laboratorio teatrale integrato, accettai e conobbi Ferai, fu immediatamente amore.

Oltre al laboratorio di teatro integrato con Codice Segreto, quali altre classi di recitazione hai, poi, frequentato?

Dopo circa 2 anni ho frequentato un laboratorio estivo di 6 settimane, portammo in scena una commedia in lingua sarda: “Gommai Mia” quante risate e quanta paura. Poi le classi Kammerspiele e La Fenice.

Facciamo un giochino: sono una persona molto introversa e non mi sento assolutamente portata per il teatro, convincimi a frequentare una di queste classi!

Vieni, anche solo per assistere. Non andrai più via, son certa. Scoprirai cose di te che non conoscevi.

E se dovessi darmi un buon motivo per scegliere Ferai?

Indubbiamente primo per i maestri Andrea e Ga’ due giovani menti che scrivono, progettano, creano per loro e per altri (classi, staff, attori) testi e spettacoli differenti, tra i quali puoi scegliere, e ti accompagnano nella ricerca, nel percorso, stimolando la tua visione del personaggio. Inoltre c’è rigore, professionalità, onestà intellettuale,ed un ambiente familiare.

Va bene mi hai convinta!

Ride. Con te è troppo facile!

Monica, ti andrebbe di parlarci del personaggio più difficile che hai dovuto affrontare? Di che spettacolo si trattava, come hai superato le difficoltà, e così via?

Oddio. Aspetta che mi do un’aria: ne ho fatto molti, devo pensare!

Rido. Prenditi il tempo che ti serve ci mancherebbe!

Personaggio più difficile che ho affrontato… Dalia una regina di un popolo dell’ Ade, maga, cattiva. Ho faticato fisicamente, ho superato le partiture con allenamento e concentrazione, e non sono caduta dal cubo su cui stavo in equilibrio durante lo spettacolo! Per non parlare del salto e delle corse nel palco. Molto lavoro e fatica, tutto ripagato dal cuore che palpitava insieme alla musica e alla mia anima

Lo spettacolo era “I racconti della Grande Roccia”, giusto?

Sì, brava, c’eri anche tu.

Monica, grazie mille per questa chiacchierata! Ho solo un’ultima domanda, e credo che ce lo siamo chiesti tutti fin dall’inizio: “impiegata/ digital working/segnalatrice assicurativa/teatrante, logorroica, passionale, estroversa,  moglie e madre di 2 figli”, ma dove trovi il tempo e le energie per fare tutto?

Non lo so, “ma  mi piace”! Son sempre stata iperattiva. Possiamo anche dire che esagero! Sono anche la Signora Sorvegliante! Grazie a te per la chiacchierata.

Di nuovo grazie Monica, fantastica come sempre!

Ilenia Cugis

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