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Le voci di Ferai: Claudia Congiu

Oggi vi presento l’intervista alla nostra Claudia Congiu, attrice e performer dello Staff di Ferai Teatro. Ho conosciuto Claudia al Drury Lane, modulo comico, lo spettacolo si chiamava “Ma non farmi ridere”, era sopravvissuta all’Erasmus e catapultata a Ferai pochi giorni dopo. Claudia è una tipa carismatica, ironica e sicura di sé – ovviamente mi sfotterà per questa descrizione. Spoiler alert: è ingegnera e ama moltissimo la scienza e tutte quelle cosettine semplici semplici tipo circuiti elettrici, calcoli matematici e varie amenità che istigano al suicidio i miei neuroni da giurista!

Ciao Claudia, piccola premessa: come ti presenteresti ai nostri lettori?

Ciao a tutti, sono Claudia, nella vita studio ingegneria informatica, ora sono alla magistrale. Ho collaborato a costruire il sito di Ferai (questo qui)e poi da qualche mese a questa parte mi sto occupando delle tecniche audio luci: ho fatto il tecnico per RAPSODIA:ORIGINS” andato in scena al Teatro Massimo dal 17 gennaio 2019 per dieci repliche.

Come nasce la tua passione per il teatro?

In realtà è nata quasi per sbaglio! (ride) Alle medie dovevamo fare dei laboratori pomeridiani obbligatori, cose tipo giornalino della scuola, uncinetto, latino (che poi il latino o lo metti come materia obbligatoria o un ragazzino non lo studierà mai!), musica oppure un fantastico corso di teatro e ho detto “va beh proviamo!”

Non siamo mai andati in scena perché la tipa che teneva il corso voleva farci fare cose fighissime, importanti, molto famose, ma senza nessuna base.

Fatto sta che non siamo mai andati in scena, per fortuna, io ero Mirandolina nello spettacolo e odiavo quel personaggio perché… Beh, a 13 anni che ne sapevo della civetteria!

Poi alle superiori ho fatto il liceo scientifico ed era passata una circolare in cui si diceva che iniziava un corso di teatro e che potevamo iscriverci, così ho convinto una delle migliori amiche a fare il corso, voluto e gestito dall’insegnante di informatica. 

L’esito scenico era un vaneggio in cui si parlava della didattica a scuola, una lezione pitagorica e euclidea.

Per dire, scena c’erano Pitagora e Euclide che parlavano di matematica…

La regista ci ha insegnato come respirare di pancia, muoversi in scena, respirare di pancia, occupare lo spazio, insomma le basi. 

Quindi ho fatto circa 4 anni di laboratori prima di conoscere Ferai.

La Regina Bandita, foto di Valeria Castellino

Vuoi raccontarmi qualcosa di particolare di questo periodo? Tipo un aneddoto divertente…

Non lo so se è divertente, comunque in terza abbiamo preparato uno spettacolo per il Festival della Scienza, abbiamo portato in scena i dialoghi di tre personaggi, Leonardo da Vinci, Galileo Galilei e Marie Curie, interpretati da più persone. Ovviamente alle ragazze avevano dato la parte di Marie Curie! Poi la professoressa dopo un paio di mesi di prove mi ha chiesto se mi piacesse la parte che mi avevano dato. Il dialogo è stato più o meno questo:

Prof: Beh Claudia e allora? Che ne pensi, ti piace la parte di Marie Curie?

Claudia: ma si dai, però sinceramente avrei preferito il dialogo di Galileo.

Prof: Va beh Claudia, siete ragazze, è normale che vi diamo la parte di Marie Curie e non di Galileo, vi abbiamo dato la parte femminile…

Claudia: Ma in realtà io non credo che questo sia un problema!

Prof: Perfetto! Allora visto che non è un problema ti fai anche i dialoghi di Galileo (“Vita di Galileo” di Bertolt Brecht).

Quindi possiamo dire che il teatro e la passione per scienza sono andati di pari passo… e infatti per RAPSODIA:STAMINA” hai ideato la performance Macchina Elettrica! 

Non proprio di pari passo, ma avendo avuto questa formazione, peraltro da una prof. di informatica, ho sempre avuto, diciamo… un occhio per la didattica non convenzionale. I ragazzi riescono a interessarsi più facilmente a un argomento scientifico e noioso, se viene affrontato in un certo modo, per esempio portandolo in scena, e questa esperienza mi ha ispirata per Macchina Elettrica. 

Mi sono scervellata per trovare una performance a scopo scientifico interessante anche per un pubblico di adolescenti – il concept di Macchina Elettrica è l’uomo trattato come se fosse una macchina, che si muove in base a un certo stimolo, quindi perfetto con i circuiti elettrici e gli interruttori!

Puoi gestire l’uso degli utilizzatori: perché non fare in modo che l’uomo sia una macchina e scomporre il suo corpo in pezzi che funzionano uno per uno? 

Ho saldato un circuito elettrico, con led e un cavo di due metri circa attaccato al corpo del performer in totale sicurezza. Se il Led era acceso, il performer poteva/doveva muovere quella parte. 

Macchina Elettrica – Rapsodia: Stamina, foto di Roberta Plaisant

Il tuo personaggio preferito tra quelli che hai interpretato? 

La Regina Bandita” sicuramente – ero uno spirito che parlava della disamistade. Poi sicuramente ho amato moltissimo Speranzina Curreli per “Libera nos a malo”, per certi versi la trovavo molto simile a me e mi piaceva interpretarla. E poi Anne Sexton, per “Sylvia Plath – il richiamo fatale della perfezione”, era un personaggio particolarmente affascinante. 

Roberta Mossa

RAPSODIA:STAMINA – frammenti (di Ilenia Cugis)

Nel silenzio della Silvery Fox Factory c’erano rumori di passi lenti e suole di scarpe che scricchiolano.

C’erano gli occhi di Andrea Ibba Monni che guarda dritto davanti a sé, sono stampati nella mia memoria.

Insieme al rito della notte.

Mentre la luce si rifletteva sulla grotta bianca di Ga’.

Ga’, ballava; davanti a lui c’era un mio amico, che piangeva. Guardava Ga’ che ballava per lui, e piangeva.

Mi fa sorridere.

C’era un sacco di cibo all’ingresso. Finché l’abbiamo rimosso. Tante tantissime banane. Banane banane e banane. Le ho portate a casa.

Arrivavo sempre di notte alla factory, quando finivo di lavorare. La luce ovattata, mi cullava. Una notte ho sentito il suono di una sedia che veniva spostata da una ragazza del pubblico. Lei ha scritto qualcosa su un quaderno e l’ha passato ad Andrea, lui ha annuito e sorriso con gli occhi, perché aveva la bocca coperta col nastro. Molto lentamente e in maniera estremamente religiosa Andrea ha messo via i chicchi di riso. Ha preso le mani della ragazza davanti a lui. Si sono toccati.

Mi piaceva guardare i chicchi di riso.

Mi piaceva guardare le mani che si toccano.

Mi sono seduta davanti a Simone con una bacinella sulle gambe. Abbiamo lavato e strizzato e bagnato e strizzato.

Mi piaceva guardare le ragazze che lo aiutavano a cucire. Tutto, ovattato, nella notte, nel silenzio, nella calma apparente.

Una notte quando sono arrivata era quasi l’una. Era già giovedì. Erano rimasti tre performer per “Democratic Schism”. Davide, Ilaria, Francesca, così stanchi che avrei avuto voglia di abbracciarli. In movimento da quattro ore, rimasti solo in tre. I corpi sfiniti. Erano molto belli. A momenti mi incantavo a fissare una di loro tre. Poi l’altro, poi l’altra.

Andrea era in piedi.

Sentivo, non so perché, che stesse in piedi nel tentativo di dare tutta la sua energia ai tre performer e beh, dopo 4 giorni qui, dentro la Factory, uno l’energia se la sarebbe voluta centellinare, mentre Andrea la stava espandendo, voleva darla, voleva inondare lo spazio, l’aria era piena di energia calma e pacifica.

Quella stessa notte, più tardi, forse intorno alle due e mezza, ho visto Andrea e Ga’ che si guardavano. Quando sono tornata a casa ho mandato un messaggio ad una mia amica e ho scritto: penso che abbiano bisogno di toccarsi, di abbracciarsi.

Ho visto tre amiche, una per volta, aiutare Ga’ nella grotta bianca. Con grandi cappelli di carta di giornale. L’ho trovato divertente ogni giorno che è capitato. I grandi cappelli di carta di giornale. Nei momenti della mia giornata di lavoro, pensavo alla grotta bianca. “Chissà come sarà quando tornerò dentro la Factory”.

Chissà come sarà.

Vorrei parlarvi di RAPSODIA:STAMINA solo che non ci riesco, ho capito che non ve lo posso spiegare. Era necessario viverlo e per ogni spettatore è stato diverso.

Ho visto le persone piangere e ridere, senza apparente motivo. Ho visto sorrisi di cera e ne ho avuto addosso uno anche io, ma la cera si scioglie, il cuore batte, il sangue scorre.

Ho visto me stessa piangere e ridere, senza apparente motivo.

C’è stata tanta pace, tanto silenzio, tanta energia.

C’è stata la vita.

C’è stata la poesia.

C’è stata l’arte.

Come si può tentare di descrivere tutto questo a parole?

C’è stata la forza di volontà dell’artista.

Ilenia Cugis