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Perché e come ho iniziato a fare teatro (di Ilenia Cugis)

2008: Air Can Hurt You

È il 2008, lo spettacolo di baratto teatrale si intitola “Air Can Hurt You”, ed è il momento esatto in cui mi innamoro del teatro.

È notte. Sono in macchina con un’amica di mia madre. Guida nel buio delle strade strette della campagna di Flumini di Quartu. La macchina si ferma sulla strada. Scendo.

C’è un grandissimo cancello di metallo, grigio. Ga’ è vestito di nero, ha un cappello in mano, dal quale fa pescare alle persone un pezzo di cartoncino. Sul mio cartoncino c’è un segno di pittura blu. Vengo separata dalle persone con cui sono arrivata e insieme a qualche estraneo attraverso un giardino e arrivo in una stanza, abbastanza grande. C’è una televisione. C’è un ragazzo (Enrico Cara n.d.r.), di spalle, con ali da angelo e la schiena scoperta. La sua ombra è proiettata sul muro.

Parte un video. Le immagini sono mischiate, sovrapposte, i temi sono tanti, frammentati, iniziano si fermano ricominciano. Il video è un sogno. Poi finisce.

Siamo condotti all’esterno. Vedo che nelle altre stanze accadono altre cose. Io sono sul porticato. Un’attrice, Andreina, ha un enorme blocco di rami secchi in mano. Sembra respingere e scacciare dei fantasmi dal suo passato.

Poi, inizia qualcosa.

Che solo più tardi, scoprirò essere la “Stanza Rossa”.

Ci sono Andrea Ibba Monni e un’attrice che non conosco, che non ho mai conosciuto. Lei è mora. Ed è molto bella (Barbara Piu n.d.r.).

Il pezzo è una lotta lenta e veloce per l’amore, è violenza e tenerezza, la Stanza Rossa è complessa, complessa come la passione, la rabbia, l’affetto, la gelosia. I loro corpi si trovano e non si trovano. Lei fugge e si rifugia, lui la cerca, la prende, la perde.

Per come lo ricordo io, alla fine vincono la violenza e la gelosia. Eppure Andrea canta, perché l’amore c’è ancora.

Inizia una musica. La sento ancora dentro le orecchie, 12 anni dopo.

Restiamo nel portico, mi pare che tutto il pubblico si sia ora ricongiunto.

La musica è forte e una luce fievole si muove da dietro la casa. Sono tre candele e un ragazzo, Giacomo (Peddis n.d.r.), le tiene davanti a sé. Arriva circa davanti al portico, lo vediamo tutti. Lo vediamo contorcersi mentre le candele illuminano e scaldano punti diversi del suo corpo nudo, magro, allenato, si muove e ad ogni movimento cambia forma, il suo corpo in eterna danza con le candele.

La cera finisce di bruciare e non c’è più musica.

Sono certa che siamo tutto il pubblico ora, insieme, veniamo condotti giù dal portico, camminiamo verso il lato destro della casa, siamo nel retro del giardino. C’è qualche albero e una luce lieve. Ed è lì, sul pavimento di terra, erba e foglie secche, sui rami caduti, in mezzo a spine e cespugli, è lì, che appare Nastas’ja Filippovna.

Con le sue maschere. Con le sue gambe. Con la sua voce. Quella voce che ve lo assicuro posso sentirla nelle orecchie. Ha anche un libro in mano. Un ombrello. Teli. Mi innamoro di Nastas’ja, piango, sono scossa, ho i brividi, è il momento esatto in cui capisco che cosa significhi il teatro per Ferai. Quando il pezzo finisce il mio cuore è assetato, forse famelico, dice: “ancora, ancora”.

L’ultima scena è La Cena.

Ci sono adesso tutti gli attori intorno ad una tavola. Mangiano ravioli. Giocano con il cibo. Con le posate. Sono pericolosi coi coltelli. Si sfidano. Non vogliono mangiare, ci sono infiniti spettri di disturbi alimentari e relazioni parentali malate.

Alla fine, un primo di loro, si accorge che manca qualcuno, o qualcosa.

“Laura (Solla n.d.r.), anche l’aria può ferirti”.

La cena si scompone e gli attori cercano disperatamente ciò che manca, per tutto il grande giardino. Noi li seguiamo. La ricerca termina al cancello. Gli attori sono tutti lì, con gli occhi verso il cielo, nella notte buia.

Infine, questo è ciò che ricorda la mia mente, gli attori sono scomparsi. Nel nulla. Siamo rimasti solo noi, spettatori, davanti al cancello grigio. Insieme a Ga’, vestito di nero, con il suo grande cappello, in testa. Che ci mandava via, a casa.

“Ancora, ancora”, ripete il mio cuore estremamente confuso e affamato. Due mesi dopo ho frequentato la mia prima lezione di teatro.

Ilenia Cugis

RAPSODIA:STAMINA – frammenti (di Ilenia Cugis)

Nel silenzio della Silvery Fox Factory c’erano rumori di passi lenti e suole di scarpe che scricchiolano.

C’erano gli occhi di Andrea Ibba Monni che guarda dritto davanti a sé, sono stampati nella mia memoria.

Insieme al rito della notte.

Mentre la luce si rifletteva sulla grotta bianca di Ga’.

Ga’, ballava; davanti a lui c’era un mio amico, che piangeva. Guardava Ga’ che ballava per lui, e piangeva.

Mi fa sorridere.

C’era un sacco di cibo all’ingresso. Finché l’abbiamo rimosso. Tante tantissime banane. Banane banane e banane. Le ho portate a casa.

Arrivavo sempre di notte alla factory, quando finivo di lavorare. La luce ovattata, mi cullava. Una notte ho sentito il suono di una sedia che veniva spostata da una ragazza del pubblico. Lei ha scritto qualcosa su un quaderno e l’ha passato ad Andrea, lui ha annuito e sorriso con gli occhi, perché aveva la bocca coperta col nastro. Molto lentamente e in maniera estremamente religiosa Andrea ha messo via i chicchi di riso. Ha preso le mani della ragazza davanti a lui. Si sono toccati.

Mi piaceva guardare i chicchi di riso.

Mi piaceva guardare le mani che si toccano.

Mi sono seduta davanti a Simone con una bacinella sulle gambe. Abbiamo lavato e strizzato e bagnato e strizzato.

Mi piaceva guardare le ragazze che lo aiutavano a cucire. Tutto, ovattato, nella notte, nel silenzio, nella calma apparente.

Una notte quando sono arrivata era quasi l’una. Era già giovedì. Erano rimasti tre performer per “Democratic Schism”. Davide, Ilaria, Francesca, così stanchi che avrei avuto voglia di abbracciarli. In movimento da quattro ore, rimasti solo in tre. I corpi sfiniti. Erano molto belli. A momenti mi incantavo a fissare una di loro tre. Poi l’altro, poi l’altra.

Andrea era in piedi.

Sentivo, non so perché, che stesse in piedi nel tentativo di dare tutta la sua energia ai tre performer e beh, dopo 4 giorni qui, dentro la Factory, uno l’energia se la sarebbe voluta centellinare, mentre Andrea la stava espandendo, voleva darla, voleva inondare lo spazio, l’aria era piena di energia calma e pacifica.

Quella stessa notte, più tardi, forse intorno alle due e mezza, ho visto Andrea e Ga’ che si guardavano. Quando sono tornata a casa ho mandato un messaggio ad una mia amica e ho scritto: penso che abbiano bisogno di toccarsi, di abbracciarsi.

Ho visto tre amiche, una per volta, aiutare Ga’ nella grotta bianca. Con grandi cappelli di carta di giornale. L’ho trovato divertente ogni giorno che è capitato. I grandi cappelli di carta di giornale. Nei momenti della mia giornata di lavoro, pensavo alla grotta bianca. “Chissà come sarà quando tornerò dentro la Factory”.

Chissà come sarà.

Vorrei parlarvi di RAPSODIA:STAMINA solo che non ci riesco, ho capito che non ve lo posso spiegare. Era necessario viverlo e per ogni spettatore è stato diverso.

Ho visto le persone piangere e ridere, senza apparente motivo. Ho visto sorrisi di cera e ne ho avuto addosso uno anche io, ma la cera si scioglie, il cuore batte, il sangue scorre.

Ho visto me stessa piangere e ridere, senza apparente motivo.

C’è stata tanta pace, tanto silenzio, tanta energia.

C’è stata la vita.

C’è stata la poesia.

C’è stata l’arte.

Come si può tentare di descrivere tutto questo a parole?

C’è stata la forza di volontà dell’artista.

Ilenia Cugis

Dire addio a un personaggio (di Roberta Mossa)

Una sensazione che non passa mai (anche dopo tanti anni di teatro) è la nostalgia del personaggio dopo la fine dello spettacolo: come se fosse un addio. E anche questa volta è andata così… ma partiamo dall’inizio.

Quest’anno avevo deciso di vincere un limite che sentivo di avere da molto tempo, la paura della carta bianca e della libertà creativa, quindi mi sono iscritta alla classe Abadia, il corso di teatro performativo di Ferai. È stato amore già dalla prima prova, le immagini e i suoni che ti arrivano senza pensarci su, la libertà della ricerca che non faceva più paura, anzi! Una bella esperienza, interessante e stimolante… Ma sentivo che mancava qualcosa.

Poi Ga’ e Andrea mi hanno chiesto se volevo partecipare allo spettacolo dell’Odeon (“Wonderful Oz”) per una sostituzione (un’allieva incasinata con un viaggio di studio non ci sarebbe stata nella data dello spettacolo). Classe nuova, persone nuove, un testo mai visto prima, scarse possibilità di successo…. Why not?!

Mi sono detta: “No va beh, non ce la posso fare. Ma potevano chiamare Giulia Maoddi, no? Io sono incasinata… poi mi conosco, faccio mille cose e non riesco a fare bene niente… e metti che trovo un lavoro nel frattempo? No, non se ne parla neanche. Ora lo dico a Ga.”

Cinque minuti dopo:

“Pronto Ga? Sì certo, molto volentieri. Sì, sì, assolutamente! No ma stai scherzando, che figata il mago di Oz, non vedo l’ora di farlo. Sì ok, ok va bene. Ci vediamo stasera. Anzi no, stasera non lo so, che mi sa che sono ancora a Sant’Antioco. Oh, ma dalla prossima prova ci sono eh, stai sicuro. Va bene, cià!”.

Perché? È semplice. È il fascino di un nuovo personaggio da conoscere, da interpretare, la curiosità di sapere chi è, come vede il mondo, sentire nuovi suoni, profumi, atmosfere… è la tentazione di affrontare una nuova sfida, il fascino dell’ignoto. Tutte le persone che fanno teatro sanno che è la parte più interessante. C’è tanta creatività nell’interpretare un personaggio all’interno di un copione. E in qualche minuto mi sono resa conto di quanto mi fosse mancato.

Arrivo alla prima prova con l’Odeon alla Silvery Fox Factory, in punta di piedi, con l’idea che andavo per fare le mie prove, restare concentrata il più possibile per non disturbare la concentrazione del gruppo e andarmene. Invece i miei compagni di scena mi hanno fatta sentire subito a mio agio e trascinata nel simpatico caos dell’Odeon. Non ci si prende troppo sul serio, si accettano tutti, il loro carattere e le loro paure, si può lavorare con i veterani e con chi è alla prima esperienza, con i giovani e con i meno giovani. In un percorso di laboratorio anche il lato umano è importante, e le persone ti sorprendono sempre, sia in negativo che in positivo. Ho lavorato in un clima molto inclusivo, col morale sempre alto, e così di prova in prova si è creato il mio caro Spaventapasseri senza cervello: convinto di essere stupido, solo perché ha scelto di vedere il mondo con la curiosità di un bambino, libero dagli schemi di comportamento precostituiti, libero dal suo ego, dai preconcetti, dall’idea dell’apparire di fronte agli altri. Sempre in cerca di nuove prospettive con cui guardare il mondo: a testa in giù, attraverso l’oliatore, con la lente di ingrandimento su qualsiasi cosa che attiri la sua attenzione. Disinteressato e senza calcolo nell’amicizia, pronto a conoscere nuove persone. Il cervello, ovviamente, lo aveva! È stato bello farlo vivere sul palco.

Dopo che sfuma l’adrenalina pura dello spettacolo, torna quella sensazione di nostalgia che non passa mai, neanche dopo anni di teatro, dopo che ci fai l’abitudine.

Roberta Mossa

L’odore del teatro

Appena apro gli occhi realizzo che è il 15 febbraio, mi viene da sorridere, ci siamo , mi sento bene, sono pronta. Poco dopo arriva Iris che esordisce: “Mamma oggi è il grande giorno, sono felice e non mi sento per niente agitata”.

Io e Iris abbiamo avuto la grande opportunità e il privilegio di frequentare la Classe Abadìa di Ferai Teatro insieme: un’avventura pazzesca, io e lei che nella vita di tutti i giorni abbiamo due ruoli per natura molto diversi, distanti, viviamo la vita con emozioni e problemi diversi ma che lì a teatro invece ci troviamo sullo stesso piano, a parlare degli stessi argomenti, pervase della le stesse emozioni, abbiamo lo stesso maestro, gli stessi compagni, ci rechiamo nello stesso luogo. Parità assoluta.

Il fantastico mondo dei grandi e Iris è assolutamente rapita da tutto ciò.

Le lezioni sono “fuori dagli schemi” e questo appaga la sua fantasia da bambina, per lei il teatro è un luogo dove tutto è ammesso quasi non ci fossero regole o perlomeno le “solite regole” a cui deve far fronte quotidianamente. Il suo entusiasmo cresce di volta in volta insieme al mio e il venerdì diventa l’obiettivo della settimana tanto da iniziare a contare i giorni che mancano al prossimo venerdì già subito dopo la lezione.

Per puro caso ci siamo trovate a teatro insieme, diventiamo più complici che mai frequentiamo assiduamente senza mancare neanche ad una lezione nonostante io lavori, viva e faccia teatro in tre città molto distanti tra loro, mi faccio in quattro per non mancare di venerdì a lezione perché si sta troppo bene, è un momento per noi, fuori da tutto e tutti, ci fa bene, e quando usciamo ci sentiamo cariche e pronte a tornare con più serenità alla solita routine quotidiana.

Abadìa sa di buono e ha il profumo di una torta appena sfornata, quel profumo dolce che ti rassicura e ti fa sentire a casa! Preparo gli abiti di scena e tutto il materiale che occorre, ci siamo, il Teatro Massimo mi sembra enorme, è strano entrare da performer e non da spettatore , il mio primo vero palcoscenico, non ho l’ansia , mi sento inondata da sentimenti buoni, sono serena.

Sento ancora vivo l’odore di quella giornata, le creme, i trucchi , i miei compagni , anche loro profumo, sono tutti bellissimi, felici, non so chi siano fuori da lì, non so cosa fanno nella vita: abbiamo tutti vite diverse ma siamo tutti uguali, parliamo la stessa lingua del teatro e viviamo le stesse emozioni.

I trolley, le scarpe i vestiti di scena , è tutto a fantastico , i brillantini di Francesco , il fondotinta di Ennas, l’odore del parquet del palco, sento ancora vivissimi tutti questi odori nel naso, la mano di Fabrizio sulla mia spalla, la super simpatia di Dreh, il pellicciotto di Benedetta, quanti odori e quante emozioni!!!

Mentre aiuto Iris a prepararsi mi confessa di essere agitata , ma si consola da sola consapevole che la prima volta “è normale”, la bacio con tenerezza, mi sembra grande e sono orgogliosa di lei. Sul palco Ga’ da le ultime indicazioni, mi rassicura vederlo lì, mi trasmette tranquillità, ora a distanza di 4 mesi capisco cosa prova Iris quando dice di “amare” Ga’, certo lo esprime con questa parola impropria ma io capisco benissimo che cosa le trasmette, è lui che ci aperto le porte di questo nuovo stimolante mondo, e l’ha fatto con una dolcezza infinita, ci ha accolto, ha pazientato per la nostra inesperienza e ancora ha dovuto adattare le lezioni a misura di Iris che per quanto sia una bimba matura ha pur sempre 7 anni. È riuscito a fare tutto questo con la sua spontaneità, la sua pacatezza e la sua professionalità ci hanno fatto amare ancora di più il teatro e da allora io e Iris non riusciamo più a farne a meno.

Lo spettacolo è un tripudio di emozioni, mi sento bene, appagata, son pervasa da un’aura che mi fa sentire quasi un Dio, penso che è andato tutto bene, il pubblico applaude, Ga’ ci ringrazia.

Chiuso il sipario avverto una dolce sensazione di leggerezza e quasi di malinconia, sento che un ciclo è finito e nonostante sia felicissima sento già la nostalgia di quegli odori. Ci confrontiamo con i compagni, in viso hanno una luce diversa, un sorriso più disteso, sento una forte complicità che ci unisce, quella complicità di chi ha fatto un lungo viaggio e vissuto tante avventure insieme.

Il camerino ora profumo di salviette struccanti, ma io sento ancora forte forte l’odore delle emozioni, quelle vere quelle pure, quelle che sanno di un buon sentimento, un sentimento che non so neanche raccontare perché gli odori sono solo da provare, come il teatro.

Cinzia Zuncheddu

Quarantotto piedi per Cenerentola (di Ilenia Cugis)

Risultato immagini per cinderela funnySono passate 12 ore da quando “Cenerentola chi?” è andato in scena, e sento ancora l’adrenalina.
Quando fai uno spettacolo bello, è sempre così, sul palco dai tutte le tue energie, tutte le tue forze, quindi dopo è solo l’adrenalina a tenerti in piedi: a farti ridere, scherzare, dire “lo rifarei anche subito!”, quando invece è probabile che poi dormirai 10 ore e mezza di fila.

La Fenice è una classe bellissima. Sarà l’orario, sapete, dalle 21 alle 22.30, arrivano solo persone estremamente motivate a far teatro: gli indecisi a quell’ora cenano (giustamente).
Eppure si è creato un gruppo estremamente eterogeneo tra allievi alla loro primissima esperienza e “”veterani”” della scena, tra timidi ed estroversi, tra creativi e precisini, un bilanciamento perfetto dei nostri punti di forza e delle nostre debolezze, che ci ha permesso di portare un scena uno spettacolo a tutti gli effetti.

A teatro l’emozione si intromette sempre, lo sappiamo, la sala prove e il palcoscenico hanno luci, dimensioni, durezze diverse, lo sappiamo. Cambiano un po’ gli spazi, i rumori che fa il pavimento sotto di noi. Cambiano tante cose e a volte si può sbagliare una posizione, si può dire una battuta dando le spalle, ci si può schiacciare (noi d’altronde eravamo in 24), ma la concentrazione di ognuno di noi ha sopperito a tutto e abbiamo davvero completato alla grande un percorso bello, bello, bello.

Certo, non è mica tutto merito nostro, ma soprattutto dei maestri che riescono a star dietro a ventiquattro persone diverse, diversissime, dando ad ognuno il suggerimento giusto, dando ad ognuno tutto il tempo, creando scene fisiche, pantomime corali, che mica è facile mettere insieme coordinando ventiquattro teste e soprattutto quarantotto piedi! (Si è capito che eravamo in 24?)

Grazie, quindi, a tutti i Fenici per aver lavorato così intensamente, ad Andrea e Ga’, a Ferai Teatro tutta, ma anche ad ogni singolo spettatore che si è divertito con noi: Grazie!

Queer as f*ck! – ben oltre un semplice laboratorio

“Ferai Teatro fa un altro laboratorio teatrale gratuito riservato agli under30”

ma in realtà non è solo questo.

Queer as f*ck! è l’occasione per trattare tematiche di sessualità in maniera davvero libera grazie al teatro; Queer as f*ck! è anche e soprattutto un’occasione: quella di celebrare la vita raccontando molte vite diverse e ricordando che la diversità è ricchezza, non povertà; Queer as f*ck! è un percorso che fa bene all’anima e al corpo perché l’arte fa bene alla salute sempre e in ogni circostanza; Queer as f*ck! è un percorso che porterà alla luce del sole storie vere che hanno cambiato il mondo; Queer as f*ck! è l’occasione per prendere coscienza che la natura umana e animale non è una strada a senso unico bensì molte strade, alcune si incrociano mentre altre saranno sempre parallele; Queer as f*ck! è la possibilità di far conoscere la magia dell’arte; Queer as f*ck! è la serenità di ritrovarsi per un fine più grande, quello di fare un teatro politico nella misura in cui la politica è bellezza collettiva; Queer as f*ck! è spirito di squadra, fratellanza, sorellanza, amore e rispetto.

Dal 4 maggio al 22 giugno, tutti i sabati dalle 15 alle 17 alla Silvery Fox Factory in via Dolcetta 12, costruiremo un percorso di consapevolezza sociale attraverso l’arte teatrale: si andrà in scena venerdì 28 giugno in occasione dello spettacolo “Niente e così sia” che è in prova da inizio marzo con la classe Odeon della scuola di Ferai Teatro all’interno della rassegna “Ferai/Pride”* (clicca qui) per celebrare i 50 anni dai Moti di Stonewall.

INFO E ISCRIZIONI: [email protected]

 

 

Ferai Teatro 2007-2017: “7” laboratorio intensivo gratuito

Un uomo sta sognando, lunghe braccia si tendono verso di lui dall’oscurità, scrutandovi attraverso, egli vede venirgli incontro se stesso.”

In occasione del decennale trascorso dalla fondazione della nostra compagnia (CLICCA QUI per leggere quello che abbiamo fatto), noi di Ferai mettiamo a disposizione di chiunque desideri partecipare, un Workshop Intensivo Gratuito di Teatro Corporeo con annesso esito scenico finale di sette giorni.

Non ci saranno copioni tradizionali, impareremo tecniche d’improvvisazione teatrale, studieremo linguaggi alternativi, simbolici, emotivi. Avremo come traccia sette spettacoli di Baratto Teatrale creati da Ferai e andati in scena in tutta la Sardegna in questi ultimi dieci anni. Il Workshop non ha nessun costo, ma richiede presenza e dedizione.

Calendario:

  • Lunedì 17 Luglio – ore 16.00 – 19.00 Prima giornata di lavoro;
  • Dal 18 al 23 Luglio, ore 18.00 – ore 21.00. Fase preliminare del Workshop;
  • Dal 31 Luglio al 6 Agosto e dal 21 Agosto al 26 Agosto verrà fatta una nuova calendarizzazione d’incontri: in questa fase non si proverà tutti i giorni, si verrà divisi per gruppi di lavoro in giorni e orari diversi;
  • Dal 27 Agosto al 2 Settembre: Esiti scenici del Workshop.

Programma:

  • Spesso staremo letteralmente fermi, immobili, per moltissimo tempo.
  • Spesso ci muoveremo moltissimo e chiederemo al corpo di sconfiggere la stanchezza.
  • Spesso ci sarà molto caldo.
  • Spesso sarà richiesto molto silenzio e molta pazienza.
  • Studieremo sui 6 Spettacoli di Ferai che tra tutti sono più affini all’antropologia teatrale e al linguaggio simbolico e da questi sei pezzi ricaveremo insieme il settimo, un lavoro creativo che vogliamo condividere con voi per celebrare i dieci anni trascorsi dalla fondazione della nostra compagnia.

Iscrizioni fino a domenica 9 luglio 2017: [email protected] (indicate nome, cognome e una breve lettera in cui ci dite chi siete, se avete avuto esperienze e perché volete partecipare a questo progetto)

Visita il nostro sito: www.ferai.altervista.org/

Ferai Teatro e Unica LGBT: terzo laboratorio teatrale!

Ferai Teatro e l’associazione studentesca UniCa LGBT si ritrovano per il terzo anno di seguito a organizzare il corso di recitazione indirizzato a tutti gli studenti dell’Ateneo cagliaritano.
Dopo le esperienze di “Basta che Succeda” (2015) e “Le Avventure di Finocchio” (2016), che hanno coinvolto oltre centotrenta persone tra interpreti, costumisti e organizzatori, quest’anno la compagnia teatrale guidata da Ga&Andrea Ibba Monni ha creato un percorso e uno spettacolo TOP SECRET provocatorio e anticonformista, rivolto a un massimo di 50 partecipanti.

Il corso unirà in modo armonioso un lavoro intellettuale e fisico, permettendo così l’avvicinamento dei partecipanti al mestiere dell’attore, sia per chi già ha avuto modo di fare esperienza, come per colui che si trova ad affrontare quest’avventura per la prima volta. L’unico requisito necessario per partecipare al laboratorio è quello di essere in regola con l’iscrizione all’Università di Cagliari, o essere uno studente Erasmus della stessa.

Il corso è completamente gratuito e offerto da UniCaLGBT. Le uniche caratteristiche che si richiedono sono l’impegno, l’interesse e tanta voglia di divertirsi e mettersi in gioco.

Iscrizioni: [email protected], con dati anagrafici (data e luogo di nascita, nome e cognome, residenza), matricola e corso di laurea.
Info: www.facebook.com/unicalgbt/, oppure: [email protected]

L’iniziativa è realizzata da UniCa LGBT con il contributo dell’Ersu Cagliari e Unica!

Ferai Teatro – Puerilia2016 – “Un laboratorio gratis? ma chi ve lo fa fare?”

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Scrivevamo il 18 febbraio in quest’articolo (CLICCA QUI)

La scelta di intraprendere un laboratorio teatrale gratuito è una scelta molto coraggiosa ma che può lasciare perplessi. La compagnia Ferai Teatro che lavora e vive di teatro però si trovava davanti l’opportunità di agire nel concreto o di restare col desiderio di lavorare con adolescenti, un desiderio che sarebbe rimasto tale data la mancanza di fondi che la scuola poteva destinare a un’esperienza del genere. Quindi, nonostante la mole di lavoro (otto classi di laboratorio con sedici esiti scenici, otto nuove produzioni teatrali che debutteranno quest’anno) ci siamo sentiti in dovere verso noi stessi, di cogliere l’opportunità di lavorare con e per i giovani, che senza dubbio ci restituiranno una visione del mondo utile e indispensabile alla nostra stessa vita lavorativa.

Sono passate 15 settimane e in cento giorni di lavoro (ma sole trenta ore di laboratorio coi ragazzi) abbiamo portato in scena uno spettacolo che in cinquanta minuti ha raccontato gli adolescenti e il teatro di Pina Bausch (e non solo). Siamo di parte, indubbiamente di parte, ma vogliamo raccontarvi di queste splendide 21 anime che affrontando insicurezze e paure, hanno deciso di cimentarsi molto seriamente in un laboratorio proprio mentre la fine dell’anno scolastico (e per molti di loro l’esame di maturità) richiedeva l’anima. Molti ci hanno chiesto “Un laboratorio gratis? ma chi ve lo fa fare?” ieri c’è stata la risposta sul palco che Ferai si porterà dietro. Abbiamo conosciuto 21 anime belle, abbiamo guidato per poco la loro vita sul palco, abbiamo avuto in dono dei testi bellissimi che hanno scritto per lo spettacolo, abbiamo avuto tanto, tantissimo. Compresa la fortuna di poterci permettere il lusso di lavorare come volevamo, perché è vero che il lavoro va pagato, sempre, ma non sempre la moneta di scambio è il denaro: nell’arte c’è anche il cuore, non sempre, ma c’è. Grazie Anna, Alice A, Riccardo, Alice B, Lisa, Julia, Guglielmo, Francesca E, Francesca M, Caterina, Elena, Francesco, Martina O, Martina P, Sofia, Veronica, Alessia P, Alessia P2, Sara, Marta, Rebecca, Martina Z.

Un nuovo progetto per Ferai Teatro: Puerilia 2016

Sì, siamo pazzi. Abbiamo già otto classi di laboratorio: bambini, adulti, universitari e diversamente abili. Ci mancavano gli adolescenti e abbiamo accettato l’invito degli studenti della scuola “Eleonora d’Arborea” di Cagliari per un laboratorio teatrale gratuito che la scuola ha acconsentito ad ospitare. Ed eccoci qui, pronti a intraprendere una nuova avventura. “Puerilia 2016”, una messa in scena teatrale che si propone di affrontare lungo tutto il percorso con i ragazzi e le ragazze della scuola, le tematiche più care ai partecipanti: l’obiettivo è quello di costruire insieme ai partecipanti una drammaturgia che nasce e cresce dalla visione del mondo dei giovani che partecipano al laboratorio, senza inibizioni o timori, ma guidati e veicolati nei binari del codice comunicativo teatrale. Gli allievi e le allieve impareranno a scrivere e recitare per il teatro, attraverso un percorso formativo che trasmetta loro i rudimenti di un linguaggio comunicativo artistico, per cui alternativo alla quotidiana esternazione dei propri pensieri.

La scelta di intraprendere un laboratorio teatrale gratuito è una scelta molto coraggiosa ma che può lasciare perplessi. La compagnia Ferai Teatro che lavora e vive di teatro però si trovava davanti l’opportunità di agire nel concreto o di restare col desiderio di lavorare con adolescenti, un desiderio che sarebbe rimasto tale data la mancanza di fondi che la scuola poteva destinare a un’esperienza del genere. Quindi, nonostante la mole di lavoro (otto classi di laboratorio con sedici esiti scenici, otto nuove produzioni teatrali che debutteranno quest’anno) ci siamo sentiti in dovere verso noi stessi, di cogliere l’opportunità di lavorare con e per i giovani, che senza dubbio ci restituiranno una visione
del mondo utile e indispensabile alla nostra stessa vita lavorativa.

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