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“La Venere Storpia” e “Favolosità” di Ferai Teatro

Finalmente debuttano i nuovissimi spettacoli di Ferai Teatro! Per tutti il mese di novembre alla Silvery Fox Factory in via Dolcetta 12, Cagliari, ogni giovedì, sabato e domenica, ci sarà da ridere:
  • alle ore 19:00 Francesca Cabiddu sarà la protagonista dei monologhi al femminile de “La Venere storpia” – l’attrice diretta da Andrea Ibba Monni reciterà cinque monologhi che vedono protagoniste cinque donne eccezionali: la musa di Dante Alighieri Beatrice Portinari, l’irriverente Oriana Fallaci, la comica Luciana Littizzetto, la meravigliosa Franca Rame e l’indimenticabile Anna Marchesini (durata 70 minuti)
  • alle ore 21:00 va in scena “Favolosità”, una commedia divertentissima sul mondo LGBT+ scritta, diretta e interpretata da Andrea Ibba Monni nel ruolo della drag queen Greta Sofia, insieme a Andrea Mura nei panni di Baby J, Andrea Oro che interpreta Virginia Gaggi e Davide Sitzia che recita il ruolo della drag queen Rainbow (durata 90 minuti).
Biglietto per un singolo spettacolo: 10€
Biglietto per due spettacoli nella stessa sera: 15€
Il biglietto si può prenotare a: [email protected] – 3755789748 (e ritirare entro dieci minuti prima dell’orario di inizio dello dello spettacolo presso la factory).

Le voci degli artisti: Andrea Andrillo (di Andrea Ibba Monni)

Come posso essere imparziale nel parlare di Andrea Andrillo? Non posso, non voglio. Lo amo e lo ama chiunque lo conosca e chi non lo conosce non ha idea di che sfortuna lo ha colpito. Artisticamente si può rimediare iscrivendosi al suo canale YouTube (CLICCA QUI) umanamente basta andare a una sua serata, perché come i più grandi, i grandissimi, lui è avvicinabilissimo. Un difetto ce l’ha ed è imperdonabile: si sottovaluta troppo.

ANDREA IBBA MONNI – Oltre che a livello umano io ti stimo tanto dal punto di vista professionale e come scriverò nell’intervista sei uno dei pochi intervistati con cui mi sento davvero a mio agio perché ti vivo molto vero, pulsante nel panorama musicale. Quindi le domande arrivano da un fan oltre che da un collega artista, sappilo. La prima domanda è una richiesta d’aiuto: siccome non voglio farti alcun santino cosa posso scrivere di Andrea Andrillo per chi non ti dovesse conoscere …ma anche per chi ti conosce solo musicalmente?

ANDREA ANDRILLO – Mi presento, tecnicamente sono un cantautore, ma soprattutto credo di essere un cantastorie.

Quali storie canti? Come le scegli o come “arrivano”?

Me lo sono chiesto diverse volte.. credo che in questa mia maturità a tratti tormentata avessi bisogno di cantare le persone “insufficienti”. Ho cantato l’amore di un padre sordo che non può cantare per sua figlia; ho cantato le persone ormai prive di una lingua che non riescono a comunicare in un mondo che affonda in Atlantide prima della pioggia. Ho cantato l’angoscia del migrante in Deserti di sale tutto questo in realtà è parte di un quadro più ampio, che col tempo si sta delineando. Forse sto solo cantando le storie dei nostri giorni, compresa la mia.

Qual è la tua storia? Immagino non abbia voglia di raccontarmela ma puoi dirmi almeno se è una storia a lieto fine? È una commedia? Una tragedia?

Il lieto fine, che io sappia, esiste solo se si impara a morire serenamente. La mia storia fin qui è stata una ricerca, però. A fasi alterne, con clamorose cadute, interruzioni nel percorso, problemi fisici che sembravano di volta in volta sempre più pesanti, addii e “ups, sono tornato” …
Nel frattempo ho capito che la mia ricerca come cantante – e come musicista in senso più ampio – era in realtà un bisogno di far chiarezza, di scoprire ciò che mancava.
E così “cercando la voce”, cercando il suono della mia voce, poco alla volta ho trovato me stesso. E mi sono accorto che non si è trattato di una ricerca tecnica, quanto di una ricerca spirituale. Ora, a ben 50 anni, debuttante a 49, con già due dischi da solista alle spalle in due anni, mi appresto a chiudere un cerchio .. e forse a iniziare un’altra fase del viaggio
… almeno credo. Il futuro non è scritto.. non del tutto: è un documentario. Tipo quelli con gli orsi in letargo, le anatre ferite dai cacciatori, il sole che sorge, la pioggia che tempesta la foresta e le formiche che balzano indaffarate da una parte all’altra per non affogare.

Debuttante a 49 anni?

Il mio primo disco è del 2018, otto luglio, il giorno del mio 49simo compleanno. Andrillo nasce fra il 2013 e il 2015 .. piano piano si definisce nel suo stile, mi salva la pelle, perché Andrillo è uno spiritello stronzetto che a volte fa cose belle; e a 49 anni debutta in grande stile. Roba mica da poco eh!

Andrillo” perché? Cosa vuol dire?

Solo un nomignolo che casualmente mi è stato affibbiato da un collega quando lavoravo nel nord Sardegna. Arrivato a Cagliari, convinto che non avrei mai più suonato o scritto canzoni, mi sono dedicato alla musica altrui. “Andrillo” nasce quindi come speaker per una radio web, Radio Level One, nel .. boh? 2011? Non me lo ricordo più. Mi serviva un nome che non fosse il mio nome vero, perché avevo appena iniziato un nuovo lavoro e non sapevo se fosse saggio mischiare la mia vita artistica e privata con la vita lavorativa. Mi è tornato in mente il nomignolo e l’ho usato. Faceva e fa ridere. Ma se lo ricordano tutti. Poi la cosa curiosa è stato ricevere messaggi da alcuni “Andrillo” (veri!) dal Brasile.. ma non sono mai riuscito a spiegare che non eravamo cugini lontani, perché non parlo portoghese e loro non capivano l’inglese. E così la tribù, almeno virtualmente, è diventata subito cosmopolita.

Avevi smesso di suonare?

È successo molte volte. Il mio non è stato un percorso lineare. Non sono mai stato un professionista. Le band di cui facevo parte, il rock elettrico, i due dischi delle mie vite precedenti a questa..i fallimenti, i successi, le pause …tutto è stato prezioso. I fallimenti sono stati i miei più grandi maestri. Ne avrei anche fatto a meno, ma ora che sono me, che non sto in una band e che sono totalmente responsabile di tutto ciò che faccio, mi accorgo che nel rapporto col pubblico, nel mio pormi di fronte alla musica con rispetto, tutto ciò che ho vissuto è stato davvero prezioso.

Poi ci sono anche state pause “fisiche”, dovuti a problemi vari che non stiamo ad elencare; e pause dovute al lavoro, trasferimenti.. tutto fino a che non ho deciso di fare da solo. La grande conquista: credere in sé stessi al punto di fare da soli. Anche questa è stata una grande conquista per me, per quanto possa sembrare banale dirlo così

Se e quando non suoni cosa fai ma soprattutto come stai?

Non benissimo, lo confesso. Il rapporto col pubblico è come una droga. Le persone che vengono ad abbracciarti, che ti parlano .. è tanta roba. Solo chi sa… sa.

Lavoro, bado ai figli, cerco di star sveglio e non addormentarmi in piedi, perché prima del Covid mi alzavo ogni giorno alle cinque per lavorare… Però poi la gioia di afferrare una intuizione, di mettere l’anima in subbuglio per scrivere un testo, o programmare un concerto.. in questi due anni che mi separano dal primo disco ho fatto decine e decine di concerti. Non vedo l’ora di tornare a farne altrettanti e molti di più.

Cosa fa sì che torni a comporre, a imbracciare la chitarra, a cantare dopo una pausa?

Un bisogno ..fisico. Forse le persone profondamente sole fanno questo, non lo so. Cercare di accarezzare il mondo, accarezzare le persone con ciò che hai dentro. Raccontargli storie, prestargli i tuoi occhi. Le mie non sono canzoni facili e io non sono un autore accomodante, piacione. Ma cerco di costruire attorno a me un mondo di relazioni, di persone che si incontrano. In questi anni ho visto persone speciali che vengono ai concerti, ti stanno vicine.. non è esattamente un pubblico, è una comunità, una bozza di comunità. E io ho bisogno di parlare a loro … e di ascoltare loro.

A proposito di ascolto come affronti il doppio ruolo di padre e artista nei confronti dei tuoi figli? Esiste l’esempio e l’educazione all’arte?

Certo, ma esiste anche l’eterna, atavica conflittualità padre – figli (soprattutto maschi), che fa sì che la musica di papà sia “noiosa”. Però poi quando vedono le persone che mi fanno i complimenti sono felici. Ma farli venire ai concerti.. una impresa! Dopo tutto per loro io non sono magia, io sono papà, quello che gli chiede dei fare i compiti e che gli frigge i sofficini a merenda.. non riescono a vedermi – e chissà se accadrà mai – come quello che è arrivato in città con la chitarra a cantare per noi .. Loro mi sentono cantare in casa, mi vedono con la chitarra che cerco di mettere su un pezzo nuovo.. per loro sono un semplice papà canterino. E va bene così, direi. È nell’ordine delle cose.

Come sei arrivato tu a capire che la musica era il tuo mezzo di comunicazione?

Ho iniziato molto presto, poi ho capito perché. Ho cercato di entrare in un gruppo metal a 15 anni, ma facevo talmente schifo.. poi a 17 ho messo su la mia band. E ho rovinato del tutto la voce. A 19 ho incontrato un Maestro, Bruno Lampis, un baritono che lavorava all’Ente Lirico di Cagliari, cui devo tutto, che mi ha insegnato la tecnica di base, che mi ha salvato la voce. E mi ha detto la famosa frase “cerca il suono”. E io ho cominciato a cercarlo, “come un bambino insegue un aquilone”, mi viene da dire .. E man mano che facevo enormi sacrifici per imparare a cantare mi chiedevo perché lo faccio? E ho capito che volevo parlare con le persone, sentirle vicino. Ma la svolta è arrivata quando non mi sono presentato davanti al pubblico per prendere, ma per dare qualcosa. È stato così che è nato Andrillo. E ho capito che la musica era e sarebbe sempre stata l’unica cosa che davvero alla fine ho fatto bene nella mia vita. Strano no? Anche un po’ romantico se vuoi, ma anche no.. chiaroscuri, come in tutte le vite.

A 15 anni cosa ti ha fatto dire “adesso faccio metal” invece che “adesso faccio danza” oppure “adesso faccio teatro” per esempio? La musica: perché?

Credo – ma lo dico per darmi un tono che “credo”, in realtà ne sono matematicamente certo, che fossi un ragazzino con un sacco di guai. Un ragazzino sostanzialmente solo, complicato, ferito. Credo stessi cercando solo di dire alle persone attorno “Hey, lo sapete che esisto?” E’ capitato che un ottimo gruppo già avviato, i Rod Sacred, con i quali mantengo rapporti di amicizia da allora (!) avessero bisogno di un cantante. Era il 1983 o 1984, Jurassic Drillo, capito ? E ho provato. Se dopo il primo provino mi avessero detto “no” e basta, avrei finito lì. Ma mi hanno detto “no, però torna che non siamo convinti del no”. Ed è cominciato tutto. Poi ho anche fatto teatro con Fueddu e Gestu, una compagnia talmente straordinaria che se stesse a New York sarebbero famosi in tutto il mondo. E però fare l’attore.. non riesco a fare l’attore. Mi spiego meglio: non riesco a interpretare il personaggio. Divento il personaggio. E praticamente non ho filtri, non ho difese. Mi può uccidere questa cosa e non ho intenzione neppure di provarci più.

“Se stesse a New York sarebbero famosi in tutto il mondo” e Andrillo invece?

Boh, avrebbe fatto lo stesso cammino frastagliato, ma come l’Andrillo che sta qui – che ha peraltro scelto di stare qui, dopo aver pure vissuto all’estero e persino un po’ a NY – come l’Andrillo che sta qui avrebbe finito con il ritenere più importante il cammino dell’anima al mero guadagno materiale o alla popolarità fine a se stessa.
In questi due anni ho visto il mio pubblico crescere esponenzialmente… ma non sono numeri. Sono persone, sono cammini che si incrociano. Non credo si possa parlare di “popolarità” in questi termini. Chi se ne frega di essere “popolare”. A me interessa questo calore, questo dialogo mai interrotto. E comunque se vuoi diventare famoso, vai, ti spogli alla stazione dei treni e fai l’elicottero per i passanti. Il tuo quarto d’ora di notorietà è assicurato!

Se ti dico che mi fa incazzare che tu non sia conosciuto come credo meriti cosa mi rispondi?

Che è un bel complimento, che ti fa male arrabbiarti per cose senza importanza e che il terzo disco sarà una figata assurda che ti lascerà di sasso e che va bene così.

Andrea Ibba Monni

Andrea Ibba Monni: una fame insaziabile.

(Leggi qui la prima parte)

Senti, siamo nella merda: Luca non può fare lo spettacolo e io non posso cancellarlo perché è tra 10 giorni”

Mentre parlava, guardavo Enzo Parodo con aria annoiata: una piccola parte di me sapeva che stava per chiedermelo, ma non osavo sperarci troppo. Sentivo già le solite lacrime di rabbia in canna, il regista a cui facevo l’assistente da circa quattro anni mi avrebbe sicuramente chiesto di trovargli qualcuno adatto o di aiutarlo con prove extra. E invece aggiunse:

Non preoccuparti se non andrà bene, anche se farai una figuraccia si tratta soltanto di una sostituzione per questa replica scolastica di “Il Sogno di Pinocchio” poi tornerà Luca.”

Non riuscivo a credere che finalmente avrei recitato: a dieci anni dal mio ingresso dietro le quinte di una produzione professionale come spettatore privilegiato, a quattro anni dall’inizio della mia gavetta come assistente alla regia, finalmente avrei potuto saziare una fame enorme che mi stava lacerando: avrei recitato anche io.

Questa fame non mi ha mai abbandonato: sarà che ho dovuto aspettare a lungo ma ogni giorno della mia vita ricordo a me stesso che quel che voglio fare è sempre e solo teatro. Ecco perché non riesco a contemplare altro, neppure impegnandomi riesco a focalizzarmi su qualcosa che non sia recitare, dirigere, produrre, creare teatro e dal più piccolo progetto alla grande produzione quel che ho sempre ben presente è che devo sputare sudore e sangue (spesso letteralmente).

Senza punto smuovermi l’acciuffo pulitamente per il naso” è stata la mia prima battuta sul palcoscenico come professionista nei panni del Carabiniere che acchiappa Pinocchio in fuga da Geppetto. Il lavoro prevedeva inoltre che mi calassi nei panni di Mangiafoco e fu un successo personale enorme, con un’emicrania fortissima e un sorrido beota stampato in faccia, desideravo raccontare a tutti che stavo rientrando dal mio debutto come attore.

Finalmente lavoravo nella Compagnia Teatro Santa Lucia di Cagliari che Enzo Parodo ha fondato nel 1996 con vari miei coetanei che fino a poco tempo prima avevo invidiato tantissimo e ai quali ora avrei dimostrato quanto valevo.

Se l’accoglienza del pubblico fu calorosa (a parte un bimbo che scappò in lacrime quando io proruppi in scena a urlare “Silenzio! Perché sei venuto a metter lo scompiglio nel mio teatro?” con imbottiture, maschera, parruccona e barbona nero pece), il cast mi trattò con diffidenza e molta freddezza. Il mio rinomato caratteraccio dell’epoca fece il resto e vissi i primi anni di lavoro di squadra come un io-contro-tutti: peccato, ci avrei messo anni prima di capire che se un mio collega non è mio amico, non per forza è mio nemico. Ma del rapporto tra la mia personalità e il teatro parlerò un’altra volta, non la prossima, che sarà invece dedicata a tutte le compagnie con cui ho lavorato prima di fondare Ferai Teatro nel 2010.

(continua…)

Ibba Monni “In deep water” a Siracusa: “Borders”

Sono 32 e provengono dal Belgio, Croazia, Turchia, Grecia, Lituania, Bulgaria, dalla Sicilia e dalla Sardegna e si sono affidati ad Andrea Ibba Monni per un workshop di teatro integrato intensivo chiamato “In deep water” dal Vicepresidente di Ferai Teatro, che insieme a Ga ha ideato lo spettacolo “Borders” che dirige in queste ore a Siracusa, in Sicilia.

Dice Andrea Ibba Monni:

È un progetto ambizioso che mira a rappresentare ciò che l’Arte rappresenta fin da sempre: nascita, amore e morte. Guidare 32 persone, parlando in inglese, in un percorso così articolato è una follia. E io amo le cose folli: rischiare è vivere,

Lo spettacolo in scena nella suggestiva cornice dell’ex convento nel cuore di Ortigia, isola di Siracusa, si aprirà con un testo di Pina Bausch e si snoderà in tredici scene in cui gli interpreti metteranno in scena le varie fasi della vita tra il comico e il tragico. Gli ingredienti ci sono tutti: la colonna sonora è eclettica, l’uso del corpo è spregiudicato, i testi sono ricercati e gli interpreti molto diversi.

La generosità con la quale questi interpreti si stanno affidando a me è commovente. Parliamo di diverse culture e di diverse abilità psico-fisiche, unite nell’obbiettivo comune di oltrepassare i “confini” che danno proprio il titolo alla piece teatrale che ho scritto con Ga’ e che loro stanno vivendo intensamente.

L’appuntamento è sabato alle ore 18 per questo progetto finanziato dal programma della Commissione Europea “Erasmus+” per l’istruzione, la formazione, la gioventù e lo sport.

Al centro, con i pantaloni corti, Ibba Monni dirige il cast

Ferai Open Call: ecco chi sono i nuovi interpreti

open call ferai

Può una compagnia teatrale senza finanziamenti pubblici decidere di scritturare (e quindi retribuire) interpreti per ben tre nuove produzioni? Sì, Ferai Teatro può. Perché quando ci sono la dedizione e il coraggio, si può fare tutto.

Abbiamo selezionato tramite curricula e foto una quarantina di persone su oltre cento candidati e domenica 13 dicembre ci sono state otto ore di audizioni al Ferai Teatro Off, in via Eroi d’Italia 44 a Cagliari. Ecco gli esiti:

TEATRO CONTEMPORANEO:

  • Giorgia Barracu
  • Fabio carta Cois
  • Giulia Maoddi
  • Francesco Piano

TEATRO DANZA:

  • Emilia Agnesa
  • Leonarda Catta
  • Sara Perra

TEATRO IN LINGUA SARDA:

  • Massimo Melis
  • nessuna donna ha passato l’audizione. Due attrici sono state contattate dalla produzione e hanno accettato di far parte del cast: sono Alessandra Leo e Manuela Ragusa.

Le nuove tre produzioni, con la regia di Ga&Andrea Ibba Monni prendono subito il via e debutteranno nell’autunno 2016 a Cagliari in una rassegna di cinque spettacoli insieme alla nuova edizione de “I Monologhi del Pene” e alla nuovissima messa in scena de “I Monologhi della Vagina”.