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Dire addio a un personaggio (di Roberta Mossa)

Una sensazione che non passa mai (anche dopo tanti anni di teatro) è la nostalgia del personaggio dopo la fine dello spettacolo: come se fosse un addio. E anche questa volta è andata così… ma partiamo dall’inizio.

Quest’anno avevo deciso di vincere un limite che sentivo di avere da molto tempo, la paura della carta bianca e della libertà creativa, quindi mi sono iscritta alla classe Abadia, il corso di teatro performativo di Ferai. È stato amore già dalla prima prova, le immagini e i suoni che ti arrivano senza pensarci su, la libertà della ricerca che non faceva più paura, anzi! Una bella esperienza, interessante e stimolante… Ma sentivo che mancava qualcosa.

Poi Ga’ e Andrea mi hanno chiesto se volevo partecipare allo spettacolo dell’Odeon (“Wonderful Oz”) per una sostituzione (un’allieva incasinata con un viaggio di studio non ci sarebbe stata nella data dello spettacolo). Classe nuova, persone nuove, un testo mai visto prima, scarse possibilità di successo…. Why not?!

Mi sono detta: “No va beh, non ce la posso fare. Ma potevano chiamare Giulia Maoddi, no? Io sono incasinata… poi mi conosco, faccio mille cose e non riesco a fare bene niente… e metti che trovo un lavoro nel frattempo? No, non se ne parla neanche. Ora lo dico a Ga.”

Cinque minuti dopo:

“Pronto Ga? Sì certo, molto volentieri. Sì, sì, assolutamente! No ma stai scherzando, che figata il mago di Oz, non vedo l’ora di farlo. Sì ok, ok va bene. Ci vediamo stasera. Anzi no, stasera non lo so, che mi sa che sono ancora a Sant’Antioco. Oh, ma dalla prossima prova ci sono eh, stai sicuro. Va bene, cià!”.

Perché? È semplice. È il fascino di un nuovo personaggio da conoscere, da interpretare, la curiosità di sapere chi è, come vede il mondo, sentire nuovi suoni, profumi, atmosfere… è la tentazione di affrontare una nuova sfida, il fascino dell’ignoto. Tutte le persone che fanno teatro sanno che è la parte più interessante. C’è tanta creatività nell’interpretare un personaggio all’interno di un copione. E in qualche minuto mi sono resa conto di quanto mi fosse mancato.

Arrivo alla prima prova con l’Odeon alla Silvery Fox Factory, in punta di piedi, con l’idea che andavo per fare le mie prove, restare concentrata il più possibile per non disturbare la concentrazione del gruppo e andarmene. Invece i miei compagni di scena mi hanno fatta sentire subito a mio agio e trascinata nel simpatico caos dell’Odeon. Non ci si prende troppo sul serio, si accettano tutti, il loro carattere e le loro paure, si può lavorare con i veterani e con chi è alla prima esperienza, con i giovani e con i meno giovani. In un percorso di laboratorio anche il lato umano è importante, e le persone ti sorprendono sempre, sia in negativo che in positivo. Ho lavorato in un clima molto inclusivo, col morale sempre alto, e così di prova in prova si è creato il mio caro Spaventapasseri senza cervello: convinto di essere stupido, solo perché ha scelto di vedere il mondo con la curiosità di un bambino, libero dagli schemi di comportamento precostituiti, libero dal suo ego, dai preconcetti, dall’idea dell’apparire di fronte agli altri. Sempre in cerca di nuove prospettive con cui guardare il mondo: a testa in giù, attraverso l’oliatore, con la lente di ingrandimento su qualsiasi cosa che attiri la sua attenzione. Disinteressato e senza calcolo nell’amicizia, pronto a conoscere nuove persone. Il cervello, ovviamente, lo aveva! È stato bello farlo vivere sul palco.

Dopo che sfuma l’adrenalina pura dello spettacolo, torna quella sensazione di nostalgia che non passa mai, neanche dopo anni di teatro, dopo che ci fai l’abitudine.

Roberta Mossa

L’odore del teatro

Appena apro gli occhi realizzo che è il 15 febbraio, mi viene da sorridere, ci siamo , mi sento bene, sono pronta. Poco dopo arriva Iris che esordisce: “Mamma oggi è il grande giorno, sono felice e non mi sento per niente agitata”.

Io e Iris abbiamo avuto la grande opportunità e il privilegio di frequentare la Classe Abadìa di Ferai Teatro insieme: un’avventura pazzesca, io e lei che nella vita di tutti i giorni abbiamo due ruoli per natura molto diversi, distanti, viviamo la vita con emozioni e problemi diversi ma che lì a teatro invece ci troviamo sullo stesso piano, a parlare degli stessi argomenti, pervase della le stesse emozioni, abbiamo lo stesso maestro, gli stessi compagni, ci rechiamo nello stesso luogo. Parità assoluta.

Il fantastico mondo dei grandi e Iris è assolutamente rapita da tutto ciò.

Le lezioni sono “fuori dagli schemi” e questo appaga la sua fantasia da bambina, per lei il teatro è un luogo dove tutto è ammesso quasi non ci fossero regole o perlomeno le “solite regole” a cui deve far fronte quotidianamente. Il suo entusiasmo cresce di volta in volta insieme al mio e il venerdì diventa l’obiettivo della settimana tanto da iniziare a contare i giorni che mancano al prossimo venerdì già subito dopo la lezione.

Per puro caso ci siamo trovate a teatro insieme, diventiamo più complici che mai frequentiamo assiduamente senza mancare neanche ad una lezione nonostante io lavori, viva e faccia teatro in tre città molto distanti tra loro, mi faccio in quattro per non mancare di venerdì a lezione perché si sta troppo bene, è un momento per noi, fuori da tutto e tutti, ci fa bene, e quando usciamo ci sentiamo cariche e pronte a tornare con più serenità alla solita routine quotidiana.

Abadìa sa di buono e ha il profumo di una torta appena sfornata, quel profumo dolce che ti rassicura e ti fa sentire a casa! Preparo gli abiti di scena e tutto il materiale che occorre, ci siamo, il Teatro Massimo mi sembra enorme, è strano entrare da performer e non da spettatore , il mio primo vero palcoscenico, non ho l’ansia , mi sento inondata da sentimenti buoni, sono serena.

Sento ancora vivo l’odore di quella giornata, le creme, i trucchi , i miei compagni , anche loro profumo, sono tutti bellissimi, felici, non so chi siano fuori da lì, non so cosa fanno nella vita: abbiamo tutti vite diverse ma siamo tutti uguali, parliamo la stessa lingua del teatro e viviamo le stesse emozioni.

I trolley, le scarpe i vestiti di scena , è tutto a fantastico , i brillantini di Francesco , il fondotinta di Ennas, l’odore del parquet del palco, sento ancora vivissimi tutti questi odori nel naso, la mano di Fabrizio sulla mia spalla, la super simpatia di Dreh, il pellicciotto di Benedetta, quanti odori e quante emozioni!!!

Mentre aiuto Iris a prepararsi mi confessa di essere agitata , ma si consola da sola consapevole che la prima volta “è normale”, la bacio con tenerezza, mi sembra grande e sono orgogliosa di lei. Sul palco Ga’ da le ultime indicazioni, mi rassicura vederlo lì, mi trasmette tranquillità, ora a distanza di 4 mesi capisco cosa prova Iris quando dice di “amare” Ga’, certo lo esprime con questa parola impropria ma io capisco benissimo che cosa le trasmette, è lui che ci aperto le porte di questo nuovo stimolante mondo, e l’ha fatto con una dolcezza infinita, ci ha accolto, ha pazientato per la nostra inesperienza e ancora ha dovuto adattare le lezioni a misura di Iris che per quanto sia una bimba matura ha pur sempre 7 anni. È riuscito a fare tutto questo con la sua spontaneità, la sua pacatezza e la sua professionalità ci hanno fatto amare ancora di più il teatro e da allora io e Iris non riusciamo più a farne a meno.

Lo spettacolo è un tripudio di emozioni, mi sento bene, appagata, son pervasa da un’aura che mi fa sentire quasi un Dio, penso che è andato tutto bene, il pubblico applaude, Ga’ ci ringrazia.

Chiuso il sipario avverto una dolce sensazione di leggerezza e quasi di malinconia, sento che un ciclo è finito e nonostante sia felicissima sento già la nostalgia di quegli odori. Ci confrontiamo con i compagni, in viso hanno una luce diversa, un sorriso più disteso, sento una forte complicità che ci unisce, quella complicità di chi ha fatto un lungo viaggio e vissuto tante avventure insieme.

Il camerino ora profumo di salviette struccanti, ma io sento ancora forte forte l’odore delle emozioni, quelle vere quelle pure, quelle che sanno di un buon sentimento, un sentimento che non so neanche raccontare perché gli odori sono solo da provare, come il teatro.

Cinzia Zuncheddu

BLUFF! (di Andrea Ibba Monni e Ilenia Cugis)

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Che cosa significa “fare teatro”?

È difficile dare una risposta che possa mettere tutti d’accordo ma in questi tempi in cui (per lo meno da noi a Cagliari) sembrano esserci più artisti che fruitori d’arte, più attori che spettatori (e fatevela una domanda), vogliamo provare a dare una risposta in queste poche righe: “fare teatro” significa lavorare a teatro, affrontare il lavoro del teatrante con la stessa cura e dedizione di qualunque altro mestiere, quotidianamente, pagando le tasse dovute e facendosi pagare per il lavoro svolto.

Fare teatro” significa sposare un progetto e portarlo in scena utilizzando delle tecniche e delle competenze oggettive.

Possiamo metterci a dipingere se non abbiamo mai studiato? Certo, ma non saremo mai pittori.

Possiamo operare una persona malata non avendo mai studiato medicina? Assolutamente sì, poi ce la vedremo con la nostra coscienza, coi familiari del morto, la Polizia e con il Tribunale perché non siamo medici.

Possiamo fare teatro perché siamo simpatici e spigliati? Certo, ma non saremo mai attori, drammaturghi, registi.

Coloro che non sanno fare bene nulla e decidono di fare gli attori lo fanno con la presunzione che sia un lavoro più facile, più divertente, meno impegnativo di altri: allora creano opere mediocri, discutibili, perché credono che diversamente ad un classico lavoro “d’ufficio” al teatro non occorrano un determinato numero di ore di lavoro quotidiane.

Ogni volta che si leggono le parole “teatro”, “attore”, “spettacolo”, sotto immagini, foto, locandine, eventi che fanno accapponare la pelle, ringraziamo l’esistenza di tutte quelle Compagnie Teatrali sul nostro territorio in cui gli attori studiano, fanno training, lavorano ogni giorno e ringraziamo per le loro produzioni nuove, a volte ambiziose e a volte meno, ma comunque valide poiché recitate bene, costruite scritte e dirette con consapevolezza e autorevolezza.

Ringrazio perché in quelle compagnie ci sono interpreti e regist* che per anni hanno dedicato tante ore (a volte anche più delle otto canoniche) al giorno, ogni giorno, a studiare recitazione, dizione, danza, coreografia, canto, storia del teatro e tanto altro. L’hanno fatto e lo fanno e lo faranno con metodo, metodo, metodo.

Ringraziamo perché se il teatro ha ancora valore su quest’isola è merito di questi artisti e del loro lavoro che forma e ispira tutti gli aspiranti attori che sono pronti a lavorare sodo, come hanno fatto i loro Maestri.

Per tutti gli altri una sola parola: BLUFF!

Andrea Ibba Monni e Ilenia Cugis

Codice/Ferai Delbono: Onironauti, lucidi sognatori

Foto di Sabina Murru

Se si sogna da soli, è solo un sogno, se si sogna insieme è la realtà che comincia.

Abbiamo tutti le nostre macchine del tempo: alcune ci riportano indietro e si chiamano ricordi; altre ci portano avanti e si chiamano sogni. Essi sono risposte a domande che non abbiamo ancora capito come formulare. La scorsa estate Ignazio ci ha lasciati ed è stato automatico drammatizzare l’avvenimento, cristallizzarlo in uno spettacolo (ne abbiamo parlato qui) ma non volevamo focalizzarci su questo: avevamo voglia e bisogno di evadere dalla realtà, svagarci e fantasticare come nei sogni, ma guidandoli, decidendo che i nostri sogni sarebbero stati scelti da noi.

In scena tra gli altri c’è Silvia che in un esercizio di improvvisazione ha detto:

Sono contenta perché nei miei sogni posso fare tutto: anche far resuscitare Ignazio usando la bacchetta di una fata”

Abbiamo quindi capito che tutte le cose che abbiamo amato, chiedono aiuto nei nostri sogni. Abbiamo realizzato che avremmo dovuto comunque ripartire dalla morte di Ignazio per poter andare avanti, tutti insieme.

Ci sono immagini che non sono fatte per la luce: certi sogni lo sanno.

Abbiamo costruito ogni scena sulla pelle degli interpreti cercando di farli guida del messaggio: Ferai Teatro e Codice Segreto presentano “Onironauti, lucidi sognatori” scritto e diretto da Ga&Andrea Ibba Monni per Codice/Ferai, in scena alla Silvery Fox Factory sabato 22 giugno 2019.

Fai bei sogni. Anzi, fateli insieme. Insieme valgono di più.

 

Codice/Ferai Platel: La battaglia delle bestie ferite

Foto di Sabina Murru

Passavi le tue giornate senza parlare e ci hai lasciati senza parole.

Quando una creatura viene strappata via da questa vita, noi non possiamo fare altro che prenderne atto e andare avanti sperando di essere in grado di convertire il dolore in Arte: è un nostro diritto, è il nostro dovere, è la nostra salvezza.

Caro Ignazio, abbiamo provato a cercare quel “Codice Segreto” in sala prove e poi sul palcoscenico, sei stato generoso e ti ricorderemo sempre, per sempre.

L’estate scorsa sei andato via all’improvviso e subito ci è parso necessario lavorare con coraggio a un laboratorio che entrasse dentro le corsie e le camere d’ospedale: è nato spontaneo e urgente “La battaglia delle bestie ferite” che abbiamo costruito insieme ai partecipanti al laboratorio di teatro integrato “Codice/Ferai Platel” e che andrà in scena in doppia replica domenica 23 giugno alle 18 e alle 20 presso la Silvery Fox Factory.

Non è la storia di un ospedale bensì le storie di chi lo abita.

Ecco uno stralcio del copione che racconta al meglio il progetto:

Voglio sentirmi libero di parlare di cose tristi. Non c’è niente di male, anche se tutti continuano a dire che bisogna stare su e pensare positivo, anche se tutti abbiamo assimilato il concetto che qualunque cosa succeda la vita va avanti. Voglio potermi lamentare del fatto che esistono troppe indicazioni per cercare di vivere bene, ma nessuna per stare male nel modo che più mi piace.

Ogni tanto vorrei che anche altre persone insieme a me s’innamorassero di un silenzio a tempo indeterminato.

Vorrei poter dire, lo dirò adesso, che non mi manchi, ma che avrei tanto voluto mancarti. Vorrei e ti dico, che non devi preoccuparti, che il tuo ricordo vive in chi ne ha bisogno e va bene così. In questi mesi ti ho tenuto a dormire sul cuore come lo spiritello di un film o di un cartone animato.

Oggi apro la finestra dentro il mio cervello, le porte scorrevoli dell’ospedale e quelle della tua messa, apro ogni porta di casa, tutte le finestre e le vie di fuga.

Non voglio pensare che rimani perché non te ne potevi andare.

Cosa vedrete#4: “Niente e così sia” (di Andrea Ibba Monni)

L'immagine può contenere: una o più persone e persone sul palco

Da tanti anni Ferai Teatro porta in scena spettacoli contro le discriminazioni di ogni tipo, ma la lotta contro le discriminazioni di genere e a favore dei diritti LGBT è da sempre una nostra priorità: “I monologhi della vagina”, “I monologhi del pene” e poi “PorNO gay”, “Basta che succeda!” e “Le avventure di Finocchio” tra i tanti spettacoli. Poi, due anni fa qualcosa cambia: “Se il sole muore”, segna un punto di svolta, un evento che colpisce al cuore pubblico e interpreti e che l’anno scorso ci porta a mettere in scena un prequel ideale: il controverso e discusso “Quel giorno sulla luna”, uno spettacolo divisivo che ci ha lasciato ancora qualcosa da dire. [continua dopo la foto]

L'immagine può contenere: 1 persona, persona seduta

Stavolta ho chiesto a Ga’ di mettere mano ai copioni e di scrivere la drammaturgia di “Niente e così sia”, chiusura di una trilogia di spettacoli che andrà in scena a Cagliari il 28 giugno 2019, a 50 anni esatti dai Moti di Stonewall all’interno della rassegna “Ferai/Pride”*. Alla classe Odeon il compito di portare in scena qualcosa di tanto importante per Ferai Teatro. Ho chiesto a Ga’ di scrivermi che cosa sarà “Niente e così sia” e riporto fedelmente le sue parole:

Odio, paura, vergogna, questi sono i vizi capitali del mondo che è rinato, peccati mai contemplati da chi addita la lussuria, la pigrizia, l’ira. Avevo paura di quella parata, perché in realtà desideravo tantissimo poterne far parte. Così oggi marcerò per quella parte di me che aveva troppa paura e per quelli che non possono farlo, per le persone che vivono come anche io ho vissuto. Oggi marcerò per ricordare che non sono un io e basta, ma che sono anche un “noi”. Tutto è così logico e sensato nell’amore, che improvvisamente, le differenze create dal peso dei tempi, sono niente, e noi stiamo parlando del niente, di nessuna guerra, niente e così sia.

[Andrea Ibba Monni]

*nella stessa rassegna ci saranno: “Le sciroccate”, “Dionysius”, “Libera nos a malo”  e “Passioni a Villanova 2”

Queer as f*ck! – ben oltre un semplice laboratorio

“Ferai Teatro fa un altro laboratorio teatrale gratuito riservato agli under30”

ma in realtà non è solo questo.

Queer as f*ck! è l’occasione per trattare tematiche di sessualità in maniera davvero libera grazie al teatro; Queer as f*ck! è anche e soprattutto un’occasione: quella di celebrare la vita raccontando molte vite diverse e ricordando che la diversità è ricchezza, non povertà; Queer as f*ck! è un percorso che fa bene all’anima e al corpo perché l’arte fa bene alla salute sempre e in ogni circostanza; Queer as f*ck! è un percorso che porterà alla luce del sole storie vere che hanno cambiato il mondo; Queer as f*ck! è l’occasione per prendere coscienza che la natura umana e animale non è una strada a senso unico bensì molte strade, alcune si incrociano mentre altre saranno sempre parallele; Queer as f*ck! è la possibilità di far conoscere la magia dell’arte; Queer as f*ck! è la serenità di ritrovarsi per un fine più grande, quello di fare un teatro politico nella misura in cui la politica è bellezza collettiva; Queer as f*ck! è spirito di squadra, fratellanza, sorellanza, amore e rispetto.

Dal 4 maggio al 22 giugno, tutti i sabati dalle 15 alle 17 alla Silvery Fox Factory in via Dolcetta 12, costruiremo un percorso di consapevolezza sociale attraverso l’arte teatrale: si andrà in scena venerdì 28 giugno in occasione dello spettacolo “Niente e così sia” che è in prova da inizio marzo con la classe Odeon della scuola di Ferai Teatro all’interno della rassegna “Ferai/Pride”* (clicca qui) per celebrare i 50 anni dai Moti di Stonewall.

INFO E ISCRIZIONI: [email protected]

 

 

Ferai: “Endless” 23-24 febbraio – 4 spettacoli: le trame

SABATO 23 FEBBRAIO ore 18 – Drury Lane+La Fenice

SYLVIA PLATH – IL RICHIAMO FATALE DELLA PERFEZIONE

La vita e le opere della poetessa icona, morta suicida a soli trent’anni si fondono per creare uno spettacolo struggente, intenso, onirico e conturbante: realtà e finzione si mescolano per dare voce a un’anima controversa.

SABATO 23 FEBBRAIO ore 21 – Odeon

PASSIONI…A VILLANOVA

È morto il ricco possidente cagliaritano Alan Michael Lecis Cocco Ortu De Joannis Aymerich, magnate della fabbrica di Gassose “Bulluccas” tutti i parenti e gli amici si ritrovano alla sua veglia funebre: pronti a far riemergere antichi rancori e amori mai sopiti, si contenderanno l’eredità a suon di colpi di scena. Una commedia brillante, una soap opera comica da palcoscenico, per tutta la famiglia.

DOMENICA 24 FEBBRAIO ore 18 – Kammerspiele

CHI HA UCCISO LA MADRE BADESSA?

In una casa di cura in cui convivono monache e degenti in rehab, viene ritrovato il cadavere della madre badessa. Tutte sono sospettate: dalle infermiere alle degenti, dalle dottoresse alle segretarie d’amministrazione. Indagano una suora intraprendente con la maldestra assistenza di una giovane e bizzarra infermiera. Una commedia demenziale, con canzoni, coreografie e tantissime risate!

DOMENICA 24 FEBBRAIO ore 21 – Abadía

DUMB WAYS TO DIE

Nel 1975, l’artista Bas Jan Ader intraprese un viaggio in solitaria nell’Atlantico su una piccola barca a vela, l’esperimento avrebbe fatto parte della performance ‘In Search of the Miraculous’. La barca fu ritrovata al largo delle coste irlandesi; il corpo non fu mai ritrovato. Chris Burden affermava che non c’è niente di strano e che può capitare che mentre stai facendo un pezzo artistico esci di scena. Non è qualcosa di grave. Esci di scena dalla vita. È più stupido morire d’ignavia in un mondo che si mostra sempre più reazionario o inchiodarsi i testicoli al pavimento della Piazza Rossa di Mosca in segno di protesta come Petr Pavlensky nel 2013? Qual è il confine tra provocazione e insurrezione? Qual è il confine tra vivere stupidi e morire stupiti? La percezione della stupidità (e dello stupore) cambia a seconda dell’era sociale. La percezione della perversione cambia a seconda dell’era sociale. Oggi non guardiamo indietro sui libri di storia, guardiamo avanti come veggenti. Guardiamo quest’arte che è detta superata e che non lo è. Questa umanità che si dice persa e che non lo è. Questo definirci stupidi quando siamo innamorati, quando invece è tutto il contrario, è nell’amare che siamo più intelligenti. E nell’amare la vita sopra ogni cosa.

Ferai Teatro vi invita alla rassegna di quattro spettacoli. “Endless” sabato 23 e domenica 24 febbraio presso TsE a Cagliari.

Ecco il programma:
Sabato 23 febbraio, ore 18 – “Sylvia Plath – Il richiamo fatale della perfezione” – dramma biografico Ferai/Drury Lane+Ferai/La Fenice
Sabato 23 febbraio, ore 21 – “Passioni…a Villanova” – commedia demenziale – Ferai/Odeon
➡ Domenica 24 febbraio, ore 18: “Chi ha ucciso la madre badessa?” – commedia musicale – Ferai/Kammerspiele
➡ Domenica 24 febbraio, ore 21: “Dumb ways to die” – performativo contemporaneo – Ferai/Abadìa

I quattro spettacolo sono stati scritti e diretti da Ga&Andrea Ibba Monni.
La trama degli spettacoli:

Costo del singolo biglietto: 7 Euro
Biglietto giornaliero (due spettacoli): 10 Euro

Prenotazioni:

WhatsApp 3755789748

Email: [email protected]
La biglietteria sarà aperta anche i giorni dello spettacolo dalle 16 alle 21 presso TsE, via Quintino Sella, Cagliari. ATTENZIONE: le prenotazioni avranno valore fino a 30 minuti prima dell’inizio dello spettacolo.

Come sempre la rassegna è abbinata al workshop di fotografia di scena di Sabina Murru.

Io sono bestemmia –

Dice Andrea Ibba Monni:

Qual è l’origine del male? È una domanda che ha dato lavoro a tanti artisti nel corso dei secoli. Nel mio piccolo mi sono chiesto quale fosse l’origine del male che ha colpito me e da dove è nata: la metterò in scena subito, senza effetti né fronzoli, nei primi quindici minuti di spettacolo farò quello che non ho mai fatto e che non avrei mai immaginato di fare su un palcoscenico.

Non avevo detto tutto in “Cuore di Tenebra”. O meglio: avevo ancora tanto altro da dire.

Questo spettacolo è un percorso solitario e profondo nei primi trent’anni della mia vita, qui affronto ogni mostro della mia anima, illumino ogni zona buia del mio cuore… È difficile parlarne qui, il mio mezzo di comunicazione è il mio teatro, ogni azione scenica che produco parla di me meglio di quanto possa fare io nero su bianco.

Questo spettacolo sono io.

Partiamo dal titolo: “Io sono bestemmia” perché la bestemmia è l’espressione ingiuriosa verso le cose sacre, l’offesa intenzionale e diretta al decoro, l’espressione rabbiosamente offensiva, oltraggiosamente irriverente, l’offesa grave e consapevole all’onore e alla dignità. Quindi sono io o meglio mi ci hanno fatto sentire e mi ci hanno trattato da che ne ho memoria, tutti. Perché ero obeso, perché ero sessualmente confuso, perché i miei interessi erano bizzarri, perché non ho mai accettato i compromessi, perché all’apparenza ho sempre scelto la sostanza, perché al dovere ho sempre preferito la giustizia. Nel privato e nel lavoro avrei potuto avere una vita facilissima, ma mediocre: avrei avuto molti vantaggi ma briciole di dignità. No grazie. Alla lunga le scelte che ho fatto si sono rivelate di gran lunga più vantaggiose del previsto, ma sul momento le ho pagate tutte molto care e in “Cuore di Tenebra” ne ho raccontato.

C’è tanto di me, quasi tutto. È davvero difficile scrivere altro qui.

Questo spettacolo è dedicato alle persone che mi hanno voluto e che mi vogliono bene davvero, nonostante tutto, nonostante me.

IO SONO BESTEMMIA/ (scritto, diretto e interpretato da Andrea Ibba Monni)
A marzo: sabato 3, 10, 17 (ore 21) – domenica 4, 11, 18 (ore 19) – [email protected] – 3472763337

Ferai/Abadìa, gennaio-marzo 2018: “Signora del cimento”

Elpìs la terra promessa della speranza è una dimensione irreale della creazione: è qui che si svolge il laboratorio teatrale della classe Abadìa, un mondo parallelo in cui raccontiamo di essere amati per ciò che siamo, ma veniamo amati nonostante ciò che siamo. Le vecchie maschere si sono disgregate, giochiamo a volto aperto e ci mostriamo come interpreti dal cuore pulsante, non come personaggi di cartone. Un percorso artistico sulle relazioni umane, le più complicate, le più inespresse, le più emarginate, dal mio lato al tuo, circondati dai desideri più distruttivi che abbiamo. Oggi ci sentiamo coraggiosi, vogliamo smettere di essere indulgenti con noi stessi, vogliamo smettere di trasformare la nostra storia in una storia che ci dia ragione. Non sarà facile, ma almeno, sarà magico e cavalleresco.